Anche il “Clan degli Zingari” avrebbe potuto contare sulle “soffiate” di alcune divise infedeli. È quanto emerge dagli atti dell'inchiesta coordinata dalla Dda e che coinvolge 82 persone accusate a vario titolo di associazione a delinquere di tipo mafioso e finalizzata al narcotraffico, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, ricettazione, furto, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio. A raccontarlo agli inquirenti è la collaboratrice di giustizia Annamaria Cerminara.
All'epoca dei fatti compagna di Giovanni Passalacqua alias U Gigliotti, la donna decise di pentirsi dopo la rapina milionaria al caveau della Sicurtransport. Passalacqua infatti l'accusava di essersi impossessata di una parte del bottino. Per paura la donna si era così rivolta alle forze dell'ordine. Nei suoi verbali ha svelato non solo gli affari illeciti della criminalità rom, dalla droga alle estorsioni, ma anche i summit e gli incontri con gli esponenti delle cosche di Isola Capo Rizzuto. In uno dei suoi primi verbali la Cerminara punta il dito contro un carabiniere che sarebbe stato in stretti contatti con un esponente di primo piano della criminalità nomade catanzarese, tanto da «sviare le indagini» avviate dopo un omicidio. Lo stesso militare dell'Arma, ha sostenuto la collaboratrice, avrebbe consegnato all'affiliato una scheda sim dedicata per parlare con lui. Così il carabiniere avrebbe avvisato prima di attività investigative, come alcuni perquisizioni. In un caso per esempio gli investigatori avevano programmato un blitz a casa di un sospettato dove si riteneva di trovare una pistola.
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