Di area vasta tra Catanzaro e Lamezia Terme si parla da tempo. E non potrebbe essere diversamente per una serie di ragioni di carattere geografico (le due città segnano gli estremi del punto più stretto d’Italia, meno di 40 km tra mar Ionio e mar Tirreno) e quindi logistico, amministrativo e funzionale.
Eppure, il progetto di tramutare in un sodalizio strategico il rapporto tra il capoluogo di regione e la città nella cui area insistono l’unico aeroporto internazionale della Calabria e la stazione di snodo principale per il sistema ferroviario regionale si è infranto nello scontro con la dura realtà di una politica forse più attenta alle spinte interne contrarie alla conurbazione per campanilismo che alla reale esigenza di sviluppo socio-economico dell’area centrale della Calabria.
Sembra quindi ormai conclamato e irrecuperabile il ritardo con cui oggi si provano a riannodare le fila del discorso su una vera e propria conurbazione tra le due città da parte del un gruppo guidato dall’ex sottosegretario ai Lavori Pubblici e più volte deputato, Mario Tassone, e dall’ex presidente della Provincia di Catanzaro, Piero Amato.
Il contesto normativo attuale è profondamente cambiato rispetto al parametro preso in esame dal “Movimento per il rilancio dell’area urbana Catanzaro-Lamezia”, che in una nota stampa diffusa nei giorni scorsi sottolineava l’esigenza di partire dal «protocollo d’intesa del 1991, sottoscritto, presso il Ministero delle Aree Urbane, dai Presidenti della Regione Calabria e Provincia di Catanzaro e dai Sindaci di Catanzaro e Lamezia Terme».
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