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Le mani dei cutresi su estorsioni e usura: chieste sei condanne

L’Appello bis del processo nato da “Aemilia”

La conferma delle sei condanne decise nel primo giudizio d'appello del 2020 e un proscioglimento per intervenuta prescrizione dei reati.
Si possono riassumere così le richieste che ieri il sostituto procuratore generale, Nicola Proto, ha avanzato davanti alla Corte d'appello di Bologna presieduta da Laura Sola nei confronti delle sette persone coinvolte nel processo di secondo grado bis scaturito dall'inchiesta "Aemilia" coordinata dalla Dda felsinea.
Si tratta delle posizioni relative a quegli imputati per i quali, il 7 maggio 2022, la Cassazione - nel rendere definitive altre 74 pene - aveva annullato con rinvio le rispettive condanne. L'operazione "Aemilia", scattata il 28 gennaio 2015 con 117 arresti, disarticolò il «massiccio» insediamento ‘ndrangheta in Emilia della cosca Grande Aracri di Cutro e il suo radicamento nella provincia di Reggio Emilia, ma anche a Modena, Parma e Piacenza fino ad arrivare alla bassa Lombardia. Sulle rive del Po, come ricostruito dalla Suprema Corte, l’«associazione autonoma dalla “casa madre” di Cutro, sebbene alla stessa collegata» per oltre un decennio ha contato sulla disponibilità di uomini capaci di rendersi autori di molteplici reati: dalle estorsioni all’usura, dai danneggiamenti alle intestazioni fittizie di beni e società al reimpiego di denaro di provenienza illecita.

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