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Vibo, dall’arresto all’assoluzione: quattro anni in attesa di giustizia. L'"odissea" di Vincenzo De Filippis

L’ex assessore e docente rompe il silenzio e racconta il periodo difficile vissuto in seguito al coinvolgimento in Rinascita Scott. Una vita dedicata al lavoro e alla famiglia «ma ho sempre avuto fiducia nello Stato»

Una serata come tante, trascorsa con gli amici, dopo una lunga giornata di lavoro. Quella di sempre, «con i ragazzi a scuola». Poi, improvvisamente, il tintinnio del campanello nel cuore della notte. Vincenzo (per i vibonesi) Enzo De Filippis pensa al peggio. «Mamma stava male da mesi». Invece, «dinanzi al portone c’erano i carabinieri di Reggio a notificarmi un mandato di cattura agli arresti domiciliari nell’ambito di un’operazione (Rinascita) contro le cosche di ‘ndrangheta del Vibonese». Roba da lasciare «frastornato» chiunque, tanto più «chi, come me, aveva sempre dedicato la vita al lavoro, alla famiglia e agli amici». Pochi minuti, il tempo «di chiudere le stanze da letto dei ragazzi e recuperare un minimo di lucidità. Ho iniziato a pensare – racconta alla Gazzetta del Sud il docente recentemente assolto con formula piena – quando, dove e perché avrei sbagliato mentre le forze dell’ordine, con grande garbo, perquisivano la mia abitazione». Parla con la voce ancora rotta dall’emozione il matematico per antonomasia, nella città di Luigi Razza. Una carriera brillante, sempre accanto «ai ragazzi in difficoltà, la mia seconda famiglia», fino alla notte del 19 dicembre 2019. «Istanti interminabili in cui guardai negli occhi mia moglie, la mia Luana che non mi ha mollato un istante». In tutto questo, «senza mai perdere la fiducia in me stesso e nella giustizia». E infatti, «già una settimana dopo, dinanzi al gip distrettuale – rammenta – decisi di parlare nella consapevolezza che avrei chiarito subito un incredibile equivoco».

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