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Gli appetiti dei clan crotonesi sul porto di Catanzaro Lido

Due indagini della Dda hanno al centro l’infrastruttura. L’inchiesta Garbino partì nel 2020 dalle banchine del capoluogo. Oggi gli interrogatori per le tre persone accusate di tentata estorsione

Prima era stata l’inchiesta “Garbino” ora gli arresti di mercoledì effettuati dalla Squadra Mobile, due indagini con un unico comune denominatore: gli interessi delle cosche crotonesi per il realizzando porto di Catanzaro Lido. Un’opera che potrebbe incidere fortemente sul futuro del capoluogo calabrese, un appalto milionario che sembra aver acceso gli interessi della criminalità organizzata: 20 milioni di euro per il completamento più altri 21 milioni tra integrazioni chieste dal ministero e aumenti delle materie prime. Una “torta”, per utilizzare l’espressione contenuta nell’ultima indagine, a cui nessuno vuole rinunciare.
Nell’ottobre scorso a far scattare l’allarme per il rischio infiltrazioni nel porto è l’inchiesta Garbino. L’indagine, coordinata dalla Dda di Catanzaro, ha fatto emergere la persistenza delle cosche ad imporsi, mediante "vecchie conoscenze" e nuove leve, su Isola Capo Rizzuto a colpi di usura, estorsioni, armi e droga. I pm Paolo Sirleo, Domenico Guarascio e Pasquale Mandolfino avrebbero accertato da un lato la nascita di «nuova struttura associativa» capeggiata da Fiorello Maesano e Pasquale Morelli; dall'altro l'affermazione del gruppo criminale dei Pullano, con i rami dei "Cacagatti" e "Tifuni", intenzionato a non perdere il controllo dell'area di riferimento. Ma lo spunto per l’attività investigativa è arrivato proprio dal porto catanzarese. Le indagini infatti iniziarono a marzo del 2020 da un fascicolo aperto sulle infiltrazioni criminali nella gestione del porto di Lido.

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