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Malapolitica e 'ndrangheta, inchiesta Glicine: “Catanzaro rischiò il disastro ambientale”

Negli atti si ricostruisce l’emergenza del depuratore di Lido nell’estate 2019

Nell’estate del 2019 Catanzaro rischiò un vero e proprio disastro ambientale con migliaia di metri cubi di fango pronti a finire in mare. A svelarlo è una informativa della Guardia di Finanza che è stata allegata agli atti dell'inchiesta Glicine, l'inchiesta della Dda di Catanzaro che ha acceso i riflettori su un presunto comitato d’affari che avrebbe messo insieme malapolitica e 'ndrangheta. Tra le 129 persone indagate c'è anche il dirigente della Regione Calabria, Domenico Pallaria. Sul suo telefono gli inquirenti hanno attivato uno “Spyware”. Quelle intercettazioni consentono adesso di ricostruire quelle drammatiche giornate in cui il depuratore di località Verghello rischiò di collassare.
È febbraio quando gli investigatori annotano una prima riunione sul depuratore di Catanzaro. Insieme a Pallaria c'è l'allora sindaco di Catanzaro Sergio Abramo (che non è indagato nell'inchiesta) e un tecnico del dipartimento Ambiente della Regione. Proprio quest'ultimo avverte che «l'impianto è saturo di fanghi» e che bisogna trovare una soluzione «per affrontare l'emergenza estiva». Passano più di quattro mesi, nulla è stato fatto sull'impianto e così a giugno a Catanzaro scatta la protesta. Il quartiere Lido è letteralmente invaso dal cattivo odore, i cittadini protestano e il sindaco chiede aiuto alla Regione.

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