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Cutro, l’egemonia di Salvatore Grande Aracri sul territorio emiliano

La Cassazione ha ricostruito la storia criminale del clan con base nella cittadina del Crotonese ma operante sulle rive tra Brescello e Parma

Salvatore Grande Aracri

Dopo l'arresto di Alfonso Diletto nell’ambito della maxi-operazione "Aemilia” del 2015, le redini della cosca Grande Aracri di Cutro attiva tra Brescello, Parma e Piacenza passarono in mano a Salvatore Grande Aracri, nipote del boss Nicolino Grande Aracri. Il 44enne, detto "Calamaro", si prodigò a gestire aziende edili ed imprese impegnate nel settore delle discoteche anche per conto della ’ndrina, oltre a mantenere «sempre relazioni affettive» con lo zio.
Ecco come la Cassazione ricostruisce la storia criminale del clan, autonomo ma legato alla "casa madre" di Cutro, che attraverso la guida di Salvatore Grande Aracri continuò a dettare legge sulle rive del Po all'indomani degli arresti scaturiti dal blitz "Aemilia". E lo fa nelle 85 pagine di motivazioni della sentenza con la quale, il 27 giugno 2023, ha reso definitive 18 condanne e disposto un nuovo giudizio d'appello per altri 7 imputati al termine del processo di terzo grado nato dall’inchiesta "Grimilde" che s’è svolto col rito abbreviato (il procedimento di rito ordinario è ancora in corso). Con le indagini venute alla luce il 25 giugno 2019 con 16 arresti eseguiti dalla Polizia di Stato, la Direzione distrettuale antimafia di Bologna si disse convinta di aver dato un altro duro colpo alla cellula dei Grande Aracri basata nel comune raccontato dalla penna di Giovanni Guareschi, non a caso ribattezzato "Cutrello".

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