«Purtroppo in mezzo a noi ci sono quelli che vorrebbero risolvere ingenuamente la questione dei flussi migratori lavorando a bloccare le masse di disperati che sono in cerca di un futuro migliore. Domani nella celebrazione dell’eucarestia ci sarà un brano del giudizio universale e Matteo dice che noi saremo giudicati da come avremo trattato gli affamati, gli assetati, i carcerati. L’esame finale della nostra vita sarà sull'accoglienza dei poveri». Lo ha detto il vescovo di Crotone, monsignor Angelo Raffaele Panzetta, a conclusione della Via Crucis diocesana - alla quale hanno partecipato un migliaio di persone - organizzata questo pomeriggio a Steccato di Cutro dove un anno fa, il 26 febbraio del 2023, avvenne la strage di migranti causata dal naufragio di un imbarcazione nel quale morirono 94 persone tra cui 35 minori.
«Siamo qui - ha spiegato il vescovo - per pregare per le persone che hanno perso la vita qui nel nostro mare, per quegli uomini e donne che ancora affrontano i pericoli enormi per assicurare un futuro diverso ai loro figli. Siamo qui per riflettere e, con umiltà e forza, per dire che purtroppo le parole del Papa sulla vicenda di Cutro non sono state ascoltate. Il Papa ha detto 'facciamo in modo che questa tragedia non si ripeta". Lo abbiamo fatto? Questi fatti continuano a realizzarsi ed il Mediterraneo sta diventando un cimitero più grande. Bisogna lavorare per una risposta solidale, condivisa, strutturale tra istituzioni ed i Paesi». Un migliaio di persone, provenienti da tutte le parrocchie della diocesi crotonese, hanno svolto la Via Crucis dietro una croce realizzata con i legni della barca naufragata a Cutro. Nel corso delle varie stazioni sono state lette delle riflessioni e delle testimonianze di migranti raccolte negli anni attraverso gli uffici della Caritas. Alla Via Crucis accanto al vescovo hanno preso parte il sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, e l’imam della moschea di Cutro, Mustapha Achik. Il lungo corteo ha raggiunto la spiaggia di Steccato di Cutro poco distante dal punto dove è avvenuto il naufragio dove c'è stata l’ultima stazione caratterizzata da una riflessione importante del vescovo: «Guardando questo mare, dobbiamo batterci il petto tutti, nessuno escluso, perché abbiamo la responsabilità di ingenerare intorno a noi un clima di accoglienza, di fraternità, di rispetto, di amicizia». La testimonianza finale è stata quella di Vincenzo Luciano, il pescatore che per primo è intervenuto a soccorrere i naufraghi nella quale si fa un appello alla politica: «Sembra che in 10 anni, da Lampedusa a Cutro, non sia cambiato nulla: le persone continuano a morire in mare. Da non esperto non posso dare consigli, dico solo una cosa: impariamo a essere più umani. Vorrei dire al governo italiano ed europeo che quelli che partono sono nostri figli, sono uguali a noi, impariamo a essere più umani e vedrai che la legge si trova». Prima della benedizione finale il vescovo Panzetta ha aggiunto: «noi siamo qui a gridare che la fraternità inclusiva che il Vangelo ci chiede è l’unica strada per affrontare questi problemi. Non accogliamo per la paura, per la difficoltà di immaginare e progettare un futuro. Io confermo quello che ho detto l’anno scorso: abbiamo fame di uomini. L’arrivo dei migranti, quelli che hanno desiderio di lavorare di vivere dignitosamente, costituisce una prospettiva di benessere per il territorio. Serve una lungimiranza per progettare le cose e un cambiamento di mentalità».
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