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'Ndrangheta "armata" a Catanzaro: 22 arresti per estorsione, sequestro di persona, incendio e traffico di droga I NOMI

Gli equilibri tra le cosche di Cutro e Isola, il traffico di droga dalla Bulgaria, i rapporti con gli imprenditori, incendi e intimidazioni nell'inchiesta della Dda

«Un assoluto controllo del territorio», al punto che anche chi andava a caccia di cinghiali dalle loro parti veniva intimidito e minacciato. L’operazione «Scolacium» portata a termine dai carabinieri - con il supporto dei militari della Legione Calabria appartenenti ai comandi territorialmente competenti, dei Carabinieri “Cacciatori” di Calabria, del Nucleo Cinofili e dell’8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia e il coordinamento della Dda - ha evidenziato la pervasività di due organizzazioni di 'ndrangheta che si contendevano il predominio in una vasta area a pochi chilometri di Catanzaro: l’inchiesta ha coinvolto 22 indagati, di cui 19 in carcere e 3 ai domiciliari. Nel corso delle perquisizioni di oggi, uno degli indagati è stato trovato in possesso di una pistola berretta cal. 6.35 con matricola abrasa caricatore inserito e colpo in canna.

I nomi degli arrestati

In carcere:

Bruno Abruzzo;
Pietro Abruzzo;
Stefano Bevilacqua;
Paolo Bova;
Francesco Bruno;
Massimo Citraro;
Rocco Ceravolo;
Giuseppe Cristofaro;
Davide Cristofaro;
Nicholas Fioravante Cristofaro;
Adrian Domianov Dimitrov;
Gennaro Felicetta;
Sandro Ielapi;
Paolo Lanzellotti;
Simone Macario;
Antonio Paradiso;
Sandro Stilo;
Vincenzo Tolone;
Danilo Vitellio;

Ai domiciliari:

Luciano Babbino;
Francesco Migliazza;
Ilario Sestito.

L'epicentro dell'indagine e le aree di influenza

I 22 indagati sono ritenuti appartenenti a una cosca di Roccelletta di Borgia e a una cosca di Vallefiorita che per anni sono stati in conflitto tra di loro e che avevano imposto la loro supremazia a colpi di attentati, aggressioni, danneggiamenti, incendi. Con una diversificazione delle aree di influenza, comunque contigue: la cosca di Vallefiorita estendeva i propri tentacoli nel territorio di Squillace e di Squillace Lido, non disdegnando di fare pressioni su stabilimenti balneari e turistici, mentre la cosca di Roccelletta di Borgia era riuscita a penetrare nell’hinterland di Catanzaro, in particolare nel quartiere Germaneto, che ospita numerosi insediamenti imprenditoriali e produttivi su cui il clan aveva puntato l’attenzione.

Gli equilibri di  'ndrangheta tra Cutro e Isola

La gravità indiziaria ha riguardato l’attuale organigramma dei due sodalizi, ricadenti sotto l’influenza delle locali di ‘ndrangheta di Cutro e Isola Capo Rizzuto, nell’alternanza dei rispettivi equilibri criminali, nonché le plurime attività illecite attribuite agli indagati con riguardo in particolare ai delitti di estorsione ai danni di imprenditori del settore edile, boschivo ed eolico, nonché ai delitti in materia di stupefacenti, del tipo cocaina e marijuana.

In tale contesto, nell’ordinanza cautelare nei confronti degli indagati, riconducibili rispettivamente alla due cosche di ‘ndrangheta e attinti dalle misure adottate, è stata ritenuta allo stato la gravità indiziaria, tra l’altro, con riferimento a plurimi atti incendiari, a vicende estorsive, tentate e consumate, ai danni di attività commerciali e di imprenditori, il tentativo di importazione di ingente quantità di marjuana ed eroina dalla Bulgaria, il furto in abitazione commesso ai danni dei genitori di un collaboratore di giustizia. È emersa, altresì, sul piano indiziario, la partecipazione alla cosca di ‘ndrangheta di Roccelletta di Borgia di due soggetti che svolgono attività imprenditoriale nel settore edile, e il concorso esterno alla cosca di Vallefiorita di due imprenditori, di cui uno attivo nella lavorazione dei rifiuti/campo oleario e l’altro nel settore turistico/ristorazione.

La forza dell'intimidazione

Nel mirino delle due consorterie - hanno spiegato gli investigatori in una conferenza stampa alla Procura di Catanzaro presieduta dal procuratore vicario Vicenzo Capomolla - diversi settori imprenditoriali, dall’eolico al boschivo, al commercio, soggiogati da un sistema di estorsioni a tappeto che non risparmiava praticamente nessuno e da una forza di intimidazione che - hanno spiegato ancora gli inquirenti - «ha finito con il creare un clima di omertà evidente nella sostanziale assenza di denunce da parte delle vittime»: al soldo delle due organizzazioni anche alcuni imprenditori collusi o addirittura organici.

Il carisma dei boss reggini

Sullo sfondo, la lotta anche cruenta per accaparrarsi il monopolio delle attività criminali in un’ampia fetta di territorio, una lotta violenta per dirimere la quale si sarebbero mobilitati anche, nel ruolo di mediatori, i boss di 'ndrangheta di altre province, soprattutto del Reggino, intervenuti più volte con il loro carisma superiore per placare gli animi.

Due organizzazioni efferate già nel mirino della Dda

Due organizzazioni dunque particolarmente efferate e pervasive, e già conosciute dagli investigatori: sia la cosca di Vallefiorita che quella di Roccelletta di Borgia infatti in passato sono finite nei radar della Dda di Catanzaro nella maxi operazione «Jonny», che ne aveva disarticolato i vertici. I due clan - è stato evidenziato in conferenza stampa - «hanno mostrato una grande capacità di autorigenerarsi affidando il comando alle nuove leve, rappresentate dai giovani delle rispettive famiglie».

Nuove leve disposte a tutto

Nuove leve disposte a tutto, «con la piena consapevolezza - hanno rimarcato gli investigatori - anche dei rischi di una vita criminale così intensa, come quello di morire": uno degli indagati - emerge da un’intercettazione - avrebbe confidato di «aver portato con sé sempre una pistola fino ai 17 anni». La cifra delle due consorterie era la spavalderia, saldata da una violenza che non conosceva ostacoli: gli inquirenti infatti hanno accertato anche l’aggressione al sindaco di uno dei Comuni epicentro del dominio delle organizzazioni, danneggiamenti, incendi, minacce, persino a chi andava a caccia di cinghiali dalle loro parti. «Se vieni qui un’altra volta ti ammazzo», dice uno degli indagati a un cacciatore, a conferma di un «assoluto controllo» del territorio attuato dalle due cosche.

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