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Inchiesta Scolacium, il modus operandi delle ’ndrine e la capacità di “autorigenerarsi”

Quel vuoto di potere colmato subito dopo gli arresti del blitz Jonny

L’inchiesta Scolacium, che ha sferrato un duro colpo alle cosche attive fra Borgia e Vallefiorita, ha dimostrato la capacità della ’ndrangheta di autorigenerarsi. L’operazione Jonny, nel 2017, aveva azzerato i vertici dei clan Catarisano e Bruno, ma il vuoto di potere lasciato da quelli arresti è stato velocemente colmato da nuovi gruppi, in totale continuità con il passato, anche alla luce dei vincoli familiari che legano vecchi e nuovi componenti esponenti delle cosche.
L’operazione Scolacium ha documentato l’esistenza di un nuovo sodalizio che ha portato avanti gli interessi della cosca. Le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Catanzaro hanno ricostruito il nuovo organigramma della cosca operante nel territorio di Borgia. Al vertice dell’organizzazione vi erano Pietro Abbruzzo, 72 anni, padre di Salvatore Abbruzzo, alias tubetto, che sta scontando la condanna in carcere, e Massimo Citraro, 58 anni, in posizione paritetica. Entrambi, secondo la Dda, assumevano le decisioni più rilevanti, pianificavano le estorsioni, decidendone anche le modalità e si interfacciavano con gli esponenti di altre cosche. Abbruzzo, inoltre, teneva costantemente aggiornato il figlio sulle dinamiche della consorteria. Bruno Abbruzzo, 36 anni, figlio di Pietro e fratello di Salvatore, era ritenuto stabilmente partecipe alla cosca, in quanto intratteneva rapporti costanti con il fratello e impegnato in un controllo capillare del territorio di competenza.

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