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’Ndrangheta, “gaming” ed estorsioni: pene pesanti a tre esponenti dei clan del Crotonese

La sentenza del processo d’Appello bis scaturito dall’inchiesta “Tisifone”

Due condanne aggravate e una confermata. Così ha deciso la Corte d'Appello di Catanzaro nel processo di secondo grado bis scaturito dall'inchiesta "Tisifone" della Procura antimafia che disarticolò le nuove leve delle cosche di Isola Capo Rizzuto, Papanice e Petilia Policastro.
L'1 dicembre 2022, infatti, la Cassazione, oltre a rendere definitive 15 condanne, aveva annullato con rinvio le pene inflitte nel primo Appello a tre imputati - Antonio Nicoscia del 1977, Rocco Devona e Rosario Curcio, detto Pilurussu" - affinché venissero rideterminate. Il blitz, venuto alla luce il 20 dicembre 2018 con 23 fermi eseguiti dei poliziotti della Squadra mobile di Crotone, sventò una «guerra di mafia» in provincia poiché i clan di Isola Capo Rizzuto erano pronti a darsi battaglia per il controllo dei traffici illeciti e, soprattutto, degli affari illegali legati all’imposizione delle slot machines nelle attività commerciali.
In questo scenario sono maturate le condanne disposte dal collegio presieduto da Alessandro Bravin: ad Antonio Nicoscia sono stati inflitti 16 anni di carcere (nel primo appello 10 anni e 8 mesi). È stato riconosciuto il vincolo della continuazione con i reati accertati col processo "Pandora"; per Rocco Devona 8 anni di reclusione (6 anni e 8 mesi) per il quale ha inciso l'aggravante dell'associazione armata; a Rosario Curcio, 8 anni come nell'Appello originario.

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