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Catanzaro, clan degli zingari: regge l’accusa

Termina l’udienza preliminare per l’inchiesta sulla criminalità rom del capoluogo. Accolte le richieste della Dda, il processo inizierà il prossimo 18 maggio Fissata invece per il 5 aprile l’udienza per chi ha scelto il rito abbreviato

Regge al vaglio del gup del Tribunale di Catanzaro l’inchiesta sul Clan degli Zingari. Nessuno sconto dal gup Chiara Esposito che ha mandato a processo tutti gli indagati che avevano deciso di farsi giudicare con il rito ordinario. Accolte quindi le richieste che erano state avanzate dalla pm della Dda di Catanzaro Debora Rizza. Il processo avrà inizio il 18 maggio, mentre il 5 aprile si terrà l’udienza per gli altri imputati che hanno chiesto e ottenuto di farsi giudicare con il rito abbreviato. Gli indagati devono rispondere a vario titolo di associazione a delinquere di tipo mafioso e finalizzata al narcotraffico, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, ricettazione, furto, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio. L'indagine ha documentato il temuto salto di qualità della criminalità rom. Da manovalanza nelle mani dei più importanti casati di ’ndrangheta, a gruppo criminale autonomo capace di trattare alla pari con i clan di Isola Capo Rizzuto e di imporre «la pressione tipica delle organizzazioni mafiose» su gran parte di Catanzaro. L’operazione condotta dalla Polizia nell'aprile scorso aveva portato a 62 arresti. L'ipotesi investigativa, confermata anche nel provvedimento di chiusura delle indagini, è che l’organizzazione riconducibile a soggetti della comunità rom abbia acquisito nel tempo un’operatività autonoma per la gestione delle attività criminali, affrancandosi dal ruolo, ricoperto in passato, di terminale operativo delle cosche di ‘ndrangheta del crotonese, ottenendo così la gestione indipendente delle attività estorsive, oltre che delle attività di spaccio di sostanza stupefacente sul territorio di Catanzaro. Gli investigatori sarebbero riusciti a ricostruire anche i dettagli del “patto” sancito con le cosche crotonesi per la spartizione degli affari illeciti. In pratica i clan di Isola avrebbero mantenuto le estorsioni già in atto mentre i rom avrebbero gestito in proprio le nuove.

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