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Vibo: massoneria, processi e (in)giustizia. Parola al procuratore Camillo Falvo

Desecretate parti dell’audizione in Commissione antimafia. Sotto la lente anche i rapporti tra Procura e Dda nel passato

Camillo Falvo

Il fenomeno «pesantissimo» della massoneria, la «tradizione nefasta» della Dda prima del 2011-2012, le indagini sui lavori al Tribunale e su alcune banche, i rifiuti nel greto di un fiume a Tropea e i rischi idrogeologici in «tutto il territorio vibonese». A distanza di 4 anni emergono interessanti spunti dalle parti desecretate dell’audizione del procuratore Camillo Falvo davanti alla Commissione Antimafia. La missione vibonese dell’organismo parlamentare risale all’ottobre del 2020, proprio i giorni in cui vengono eseguite alcune misure cautelari legate all’autobomba di Limbadi, e Falvo descrive una situazione «a livelli di guerriglia». Ma parla anche di giustizia negata, o di vera e propria «ingiustizia», e «non perché la professionalità dei magistrati sia più bassa, ma proprio per il fatto che non riusciamo a far fronte alle situazioni come dovremmo».
Lo spunto glielo offre il deputato della Lega Luca Rodolfo Paolini chiedendogli se possa esserci «una tendenza, una regia, una prassi incentivata volutamente per depotenziare le azioni di contrasto dello Stato» soprattutto al Sud. Falvo fa l’esempio di «una delle indagini più importanti» trattate a Vibo («avevamo le prove della gente che andava con i borsoni con gli euro pieni di muffa» per acquistare una banca) il cui processo ha visto avvicendarsi un «balletto di collegi», per far capire come finiscano tanti procedimenti che in alcuni casi sfociano anche nel pagamento dell'ingiusta detenzione.
«Ovviamente in una situazione come questa, in cui non amministriamo giustizia, purtroppo, ma somministriamo ingiustizia, immaginate i testimoni, le persone offese, le vittime cosa vengono a dire in tribunale. Quindi chi prima accusava e ha fatto arrestare, poi ritratta tutto e i giudici assolvono». A parere del procuratore «tutto questo è dovuto in gran parte ad una grande disattenzione al fenomeno da parte della politica e non solo», ma «la magistratura ha le sue colpe, così come il Csm e il Ministero, perché tutto viene trattato in termini numerici». Poi ci sono i riferimenti alla massoneria, che Falvo definisce un suo «cavallo di battaglia».

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