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'Ndrangheta, appalti ferroviari all’ombra dei clan: pene ridotte in appello a Crotone

La sentenza del processo “Doppio Binario” nato da un’indagine della Procura antimafia di Milano

Dieci condanne, di cui 8 ridotte rispetto al primo grado di giudizio (che s'è svolto col rito abbreviato), e 4 assoluzioni. Così ha deciso ieri la Corte d'Appello di Milano al termine del processo scaturito dall'inchiesta "Doppio binario" della Dda meneghina che ipotizza le ingerenze della cosca Arena-Nicoscia-Capicchiano di Isola Capo Rizzuto nei lavori sulla rete ferroviaria del Paese.
La Procura generale aveva chiesto di condannare tutti i 14 imputati. Invece il collegio presieduto da Donatella Banci Buonamici, oltre a scagionare 4 imputati, ha confermato le pene inflitte dal gup di Milano il 16 gennaio 2023 solo per Maurizio Aloisio (7 anni di carcere) e Francesco Aloisio (4 anni e 8 mesi). Poi, nei confronti di altri sei accusati ha escluso l'aggravante della finalità mafiosa (Gianluigi Petrocca, Angelo Mancuso, Domenico Riillo, Leonardo Villirillo, Nicola Pittella, Francesco Catizzone). Per Alfonso Aloisio è caduta l'accusa promotore dell'associazione 'ndranghetista. Ma condannato a 1 anno e 8 mesi di detenzione, è stato riconosciuto partecipe del clan. La "sola" contestazione di partecipazione alla presunta organizzazione criminale è toccata anche ad Antonio Aloisio condannato a 1 anno e 8 mesi.
L'operazione, scattata l’11 febbraio 2022 con 15 arresti eseguiti dalla Finanza, avrebbe dimostrato la capacità dell'ipotizzato gruppo imprenditoriale-criminale degli Aloisio-Giardino, attivo tra Milano e Varese, di accaparrarsi - tra il 2014 e il 2020 - gli interventi di manutenzione della rete ferroviaria italiana appaltati da Rfi (parte offesa), all'ombra della cosca Arena-Nicoscia-Capicchiano di Isola Capo Rizzuto. I fratelli Alfonso, Francesco e Maurizio Aloisio, vicini al clan isolitano per legami di parentela, sarebbero stati gli amministratori di fatto delle società che, in regime di «subappalti mascherati», avrebbero fornito la manodopera alle grandi imprese vincitrici delle gare di Rfi. Inoltre, come stabilito in primo grado, «i rapporti di parentela tra gli imputati» ed «i legami di collaborazione pluriennale tra di loro e la pubblicità di determinate vicende giudiziarie», avrebbero evidenziato «chiaramente la sussistenza di una consapevolezza» in capo all'ipotizzata associazione a delinquere (che avrebbe messo le mani sui lavori di ammodernamento) «di far parte di una organizzazione» guidata dagli Aloisio, «titolari di legami del tutto peculiari con la ‘ndrangheta». Inoltre per gli investigatori, gli operai reclutati per lo più da Crotone e Isola Capo Rizzuto, sarebbero stati costretti a lavorare in «condizioni di sfruttamento».

Le condanne

Maurizio Aloisio condannato a 7 anni (in primo grado 7 anni); Francesco Aloisio, 4 anni e 8 mesi (4 anni e 8 mesi); Antonio Aloisio, 1 anno e 8 mesi (6 anni e 6 mesi); Alfonso Aloisio, 1 anno e 8 mesi (4 anni e 2 mesi); Gianluigi Petrocca, 2 anni e 6 mesi (4 anni e 4 mesi); Angelo Mancuso, 2 anni e 4 mesi (3 anni); Domenico Riillo, 3 anni e 2 mesi (4 anni e 2 mesi); Leonardo Villirillo, 5 anni e 4 mesi (6 anni e 4 mesi); Nicola Pittella, 10 mesi e 7 giorni (1 anno e 4 mesi); Francesco Catizzone, 1 anno e 4 mesi (1 anno, 9 mesi e 10 giorni). Le assoluzioni: Antonella Petrocca (in primo grado 3 anni e 4 mesi); Roberto Riillo (1 anno e 4 mesi); Luigi Taverna (1 anno e 4 mesi); e Francesco Ferraro (1 anno, 9 mesi e 10 giorni). Sono stati difesi dagli avvocati Luigi Villirilli, Roberto Coscia, Mario Nigro e Fabrizio Salviati.

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