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Un innocente tra le vittime degli agguati di Mesoraca, pentito condannato

La Corte d’Assise ha inflitto 14 anni di reclusione al collaboratore di giustizia Eugenio Ferrazzo di Mesoraca. Si è autoaccusato della morte di Saporito e Manfreda e di un tentato omicidio

Il concorso in due omicidi di 'ndrangheta (in un caso venne colpito un innocente); e la partecipazione a un terzo agguato senza vittima solo perché il bersaglio designato riuscì a mettersi in salvo in modo fortuito.
Di questo doveva rispondere il collaboratore di giustizia Eugenio Ferrazzo (46 anni di Mesoraca), che è stato condannato dalla Corte d'Assise di Catanzaro a 14 anni e 3 mesi di carcere.
Il collegio formato dai giudici togati e popolari, presieduto da Massimo Forciniti ha inflitto all'imputato una pena più elevata rispetto ai 10 anni di reclusione che invece aveva chiesto il pubblico ministero, Pasquale Mandolfino, della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro al termine della requisitoria.
Il processo è scaturito dai delitti che insanguinarono le strade di Mesoraca nel periodo a cavallo tra gennaio e agosto del 2000 nell'ambito di un regolamento di conti in corso tra le due fazioni in cui si divise allora la cosca Ferrazzo: da un lato c'era il gruppo guidato da Felice Ferrazzo (padre di Eugenio ed anche lui sotto accusa per i reati contestati ma deceduto durante il procedimento); dall'altro il sodalizio che faceva capo al boss Mario Donato Ferrazzo (oggi detenuto in seguito all'inchiesta "Black Wood" coordinata dalla Procura antimafia di Catanzaro).
L'uccisione di Bruno Saporito si consumò il 7 gennaio di 24 anni fa. Eugenio Ferrazzo avrebbe fatto parte del commando che doveva eliminare Tommaso Fontana. E per fare ciò i sicari, armati con coltelli, mazze di ferro e pistole, pensarono bene di disattivare il sistema dell'illuminazione pubblica per sorprendere la vittima. Ma qualcosa non andò per il verso giusto. E così, a perdere la vita fu l'inconsapevole Saporito che non c'entrava nulla con la faida sorta all'interno della famiglia Ferrazzo. La seconda uccisione costò la vita Giuseppe Manfreda.

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