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L'omicidio di Santino Gigliotti e l'agguato al boss Ferrazzo: il pentito racconta la faida sfiorata nella Presila

Depositate le dichiarazioni di Danilo Monti, il killer di Francesco Rosso, che torna a collaborare con la giustizia

Rapine, danneggiamenti, spaccio la carriera criminale di Danilo Monti sarebbe iniziata quando non aveva ancora compiuto 15 anni. A raccontarlo è lui stesso ai magistrati della Dda di Catanzaro. Per la seconda volta infatti il 34enne cresciuto nella Presila catanzarese ha deciso di collaborare con la giustizia. Lo aveva già fatto nel 2019. Dopo essere stato arrestato per l'omicidio di Francesco Rosso, avvenuto a Simeri Crichi nel 2015, Monti aveva iniziato a parlare. Grazie alle sue dichiarazioni gli investigatori avevano potuto chiudere il cerchio sull'uccisione del macellaio 35enne (attualmente è in corso il processo d'appello). Il suo percorso collaborativo però si era limitato al delitto Rosso e poi si era bruscamente interrotto. Il suo nome è tornato di attualità nel settembre scorso quando è rimasto coinvolto nell'inchiesta Karpanthos che ha colpito le cosche operanti nella Presila catanzarese. Ora la Dda di Catanzaro ha depositato le nuove dichiarazioni di Danilo Monti e in particolare un verbale che risale al marzo 2024. Circa 60 pagine, alcune ancora coperte da omissis, in cui Monti chiarisce alcuni aaspetti dei suoi verbali precedenti e ricostruisce gli equilibri criminali della zona a cavallo tra le province di Catanzaro e Crotone.

Su quel territorio, ha chiarito subito di fronte ai magistrati, «Mario Ferrazzo comandava tutta la montagna da Mesoraca fino a Taverna». Proprio il boss di Mesoraca, ha raccontato Monti, «dopo l’omicidio di Francesco Rosso mi voleva uccidere per aver commesso l’omicidio senza il suo benestare». Il pentito aggiunge anche che dopo l'omicidio di Santino Gigliotti, avvenuto nel 2016, si stava progettando di uccidere Ferrazzo perché «stava dando fastidio agli Isolitani». Lo stesso Monti avrebbe ricevuto la proposta di partecipare all'agguato: «Io dissi di si, perché in ogni caso ce l’avevo un po’ con Ferrazzo perché lui voleva uccidermi. Sicuramente c’era già qualcosa nell’aria perché ricordo che mi dissero “questo mangia solo lui in montagna, vuole mangiare da solo”. E poi anche per il fatto di Gigliotti Santino, la responsabilità del cui omicidio veniva attribuita sempre a Mario Ferrazzo per gli appalti boschivi».

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