«Nel comune di Tropea, i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 21 ottobre 2018, sono state riscontrate forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata che compromettono la libera determinazione e l’imparzialità dell’amministrazione locale, nonché il buon andamento ed il funzionamento dei servizi con grave pregiudizio dell'ordine e della sicurezza pubblica». A metterlo nero su bianco è il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nella richiesta per chiedere lo scioglimento del Consiglio comunale di Tropea. Così poi puntualmente avvenuta con deliberazione del Consiglio dei ministri lo scorso 23 aprile.
Secondo il titolare del Viminale, «nel complesso, gli accertamenti svolti hanno posto in luce alterazioni e compromissioni dell’azione amministrativa con riferimento a molteplici settori di intervento che si sono in gran parte tradotti a vantaggio di soggetti collegati a vario titolo, direttamente o indirettamente, con i sodalizi criminali egemoni nell’area. Le risultanze ispettive di supposto condizionamento e/o di collegamento di taluni amministratori e di alcuni dipendenti con la criminalità organizzata locale, così come delineati dalla commissione di accesso, forniscono univoci, concreti e rilevanti elementi di collegamento diretto e/o indiretto dei componenti degli organi elettivi con la locale criminalità organizzata».
Per tali motivi, sostiene sempre il ministro, «all’esito dell’attività di accertamento e di indagine svolta dalla Commissione d’indagine presso l’amministrazione comunale di Tropea, si siano riscontrati elementi concreti e univocamente rilevanti che raggiungano un grado di significatività tale da poter giustificare adeguatamente l’applicazione della misura dissolutoria degli organi elettivi del Comune di Tropea prevista dall’articolo 143 del decreto legislativo n. 267/2000, al fine di ripristinare la legalità ed evitare le ulteriori alterazioni del processo di formazione della determinazione libera di quegli organi elettivi, che allo stato pregiudicano il buon andamento dell’amministrazione».
«A Tropea si è registrato il sostegno elettorale della cosca di 'ndrangheta storicamente egemone sul territorio» - ovvero il clan La Rosa - «al sindaco ed alla sua lista in occasione del turno elettorale del 21 ottobre 2018. Il sindaco, il vicesindaco e un assessore hanno stretti legami parentali e assidue frequentazioni con esponenti della locale criminalità organizzata, interessati anche da reati associativi, e tale stato di cose ha condizionato l’attività amministrativa in favore di ambienti controindicati». Il titolare del Viminale ricorda poi che il custode del cimitero di Tropea è stato arrestato per «estumulazioni non autorizzate al fine di riutilizzare alcuni loculi e destinarli ai defunti riconducibili a soggetti appartenenti alla locale cosca, nonché agli stessi amministratori comunali e, in particolare, al sindaco».
La relazione del ministro Piantedosi ricorda poi «l'emblematico fatto che nel settembre 2020 il suddetto dipendente Trecate, nonostante risultasse destinatario di una richiesta di rinvio a giudizio per truffa ai danni del Comune, abbia addirittura ricevuto dal sindaco una benemerenza per «abnegazione al lavoro». Sindaco di Tropea - ora sospeso - era l’avvocato Giovanni Macrì, espressione di Forza Italia.
La relazione svela anche altri episodi inediti. Uno di questi riguarda l’acquisto da parte dell’avvocato Giovanni Macrì, divenuto sindaco nell’ottobre 2018, di una Audi A6 per uso privato. La vicenda, per il ministro, «comprova la sussistenza di rapporti e frequentazioni tra il sindaco ed esponenti della criminalità organizzata poiché l’acquisto da parte del sindaco dell’autovettura - formalmente intestata alla suocera, senza patente di guida, di esponenti apicali della locale criminalità organizzata - era oggetto di misure patrimoniali da parte dell’autorità giudiziaria. Anche per il prefetto di Vibo - ricorda la relazione del ministro - la vicenda rappresenta un sintomo evidente dell’assoluta vicinanza del sindaco di Tropea agli ambienti della criminalità organizzata, atteso che nessun amministratore locale, o aspirante tale, che impronti il proprio operato a principi di integrità porrebbe in essere rapporti commerciali con individui controindicati, fornendo evidente appoggio agli stessi al fine di evitare l’applicazione di misure patrimoniali disposte in loro danno».
L’auto comprata dal sindaco era sottoposta a confisca in danno del boss Antonio La Rosa, attualmente detenuto in regime di carcere duro, ritenuto a capo dell’omonimo clan di Tropea.
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