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'Ndrangheta a Vibo, dopo l’assoluzione restano le ombre: i dubbi su Giamborino e Callipo

Il collegio parla di condotte opache e contiguità. L’ex assessore Incarnato invece non sapeva dello scambio per le elezioni

Rapporti imbarazzanti, condotte opache, contiguità compiacente, quello che scrivono le giudici del Tribunale di Vibo getta una luce sinistra su una parte della politica vibonese. L'ex sindaco di Pizzo Gianluca Callipo e l'ex consigliere regionale Pietro Giamborino erano usciti indenni, o quasi, dal maxi processo, assolto il primo mentre il secondo era stato condannato a un anno e sei mesi per traffico di influenze ma era caduta la ben più grave accusa di associazione mafiosa. Ora però le oltre 3mila pagine di motivazioni restituiscono un’immagine per nulla rasserenante dei due ex amministratori. Per Callipo «emerge senza dubbio una condotta tutt'altro che trasparente che ha mostrato di acconsentire a contatti e rapporti con esponenti della consorteria criminale ed in primis con Salvatore Mazzotta, verosimilmente con l’intento di ottenerne il consenso in vista delle consultazioni elettorali». Quasi sovrapponibile il paragrafo dedicato all'ex consigliere regionale del Pd. «Dal materiale probatorio emerge senza dubbio una condotta torbida dell’imputato che ha mostrato di ricercare rapporti con esponenti della criminalità organizzata, sebbene adottasse elaborate cautele per nascondere quei legami che avrebbero messo a repentaglio l’immagine di uomo delle istituzioni».

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