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'Ndrangheta, il «sottobosco» di legami inconfessabili per il «salto di qualità» dei clan vibonesi

Confermata l’unitarietà formale dei sodalizi. I giudici: «Scoperchiato un vaso di Pandora» . I ruoli di Mancuso e Razionale

La maxinchiesta “Rinascita Scott” ha scoperchiato «un vaso di Pandora in cui, da troppo tempo ormai, venivano occultati e assecondati in modo compiacente e silente rapporti tra mafiosi, uomini di Stato infedeli, politici, professionisti e imprenditori». Un «tenebroso sottobosco» in cui alcuni coloro che vivono in questi mondi, che all’apparenza dovrebbero essere distanti, «non solo convivono a stretto contatto, ma hanno anche delle evidenti cointeressenze ramificate e tentacolari in ogni ambito della società». È uno dei passaggi emblematici con cui i giudici del Tribunale collegiale di Vibo che hanno scritto la sentenza “Rinascita Scott” delineano il contesto in cui la ‘ndrangheta vibonese ha compiuto il «salto di qualità». Grazie a «risorse illimitate» e ad alleanze solide e durature «con il mondo dei “colletti bianchi”», la mafia locale si è trasformata in una «potenza economica che va ben al di là dei confini provinciali e regionali». Ma mantenendo sempre ciò che è «la vera essenza della ‘ndrangheta calabrese: il controllo capillare ed asfissiante del territorio». Viene confermato anche stavolta il concetto di «unitarietà» della ‘ndrangheta, non inteso come dipendenza operativa-gerarchica dal Crimine di Polsi, bensì formale, allo scopo di evitare la proliferazione indiscriminata e non “ortodossa” di “cariche” e “doti”.

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