Ricordati oggi a Lamezia Terme Francesco Tramonte e Pasquale Cristiano, i due netturbini vittime innocenti della 'ndrangheta, uccisi il 24 maggio del 1991 ed i cui responsabili non sono stati ancora individuati. Una commemorazione caratterizzata dall’esibizione della giovane Francesca Cristiano, nipote di entrambe le vittime, che ha interpretato un brano inedito del cantautore romano Alessio Caterini dal titolo «22 volte», ovvero quanti furono i colpi sparati dagli assassini. Alla cerimonia ha partecipato anche Francesco Cristiano, fratello di Pasquale. «Non posso che manifestare sentimenti di angoscia e delusione - ha detto - sentimenti che vivono in noi familiari da quel lontano 1991 e che ci accompagno ogni giorno. A tanti anni di distanza i nostri cuori sono sempre più infranti perché non si è fatta luce su quanto accaduto. Sappiamo bene gli sforzi iniziali compiuti dagli investigatori per arrivare alla verità. Ma sappiamo altrettanto bene che dopo è mancata la volontà concreta di fare chiarezza, perché molti sono ad oggi gli elementi che non sono stati esplorati e dai quali, a nostro avviso, potrebbero emergere verità importanti e utili agli stessi inquirenti». Un passaggio, quest’ultimo, che fa riferimento all’esposto che hanno presentato i familiari dei due netturbini alla Dda di Catanzaro per riaprire l’inchiesta.
Il procuratore della Repubblica di Lamezia Salvatore Curcio, intervenuto alla commemorazione, ha sostenuto che «Francesco e Pasquale erano nel loro posto a fare il loro dovere di cittadini e di pubblici dipendenti. Questo deve essere chiaro. Non erano al posto sbagliato al momento sbagliato. Sono gli altri che erano nel posto e nel luogo sbagliati. Sono gli altri che devono essere allontanati e resi estranei al corpo sociale». «La memoria - ha aggiunto Curcio - ci serve ad aiutarci a migliorare questa nostra comunità, a capire che non servono superpoteri o supereroi, ma una straordinaria ordinarietà, proprio quella di Pasquale e Francesco, che come tanti cittadini di Lamezia ogni mattina si recavano sul luogo di lavoro».
Presenti alla cerimonia, oltre ai familiari e numerosi studenti delle scuole cittadine, anche le autorità civili, religiose e i vertici delle forze dell’ordine. «Oggi - ha detto il prefetto Enrico Ricci - ricordiamo due lavoratori, due persone umili, che erano qua per lavorare. La lotta alla mafia non è qualcosa che riguarda soltanto le istituzioni, riguarda tutti noi. Dobbiamo partire dall’idea che la lotta contro la criminalità organizzata è compito di tutti. Quindi - ha aggiunto rivolgendosi ai ragazzi - allenatevi in questa lotta, come se fosse veramente un’attività sportiva. Ci dobbiamo impegnare ogni giorno. Questo significa ogni giorno rispettare le regole, la legalità. Su di voi contiamo e voi potete contare su di noi, le istituzioni saranno sempre al vostro fianco».
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