Lo Statuto del Sistema bibliotecario vibonese prevede come organi il presidente, il Comitato di gestione e il direttore, carica, quest’ultima, che Gilberto Floriani ha ricoperto dall’istituzione dello stesso ente fino al 2017. L’8 giugno di quell’anno, alla luce della sua richiesta di recedere dall’incarico, l’Assemblea dei sindaci, con una deliberazione che per la Procura di Vibo sarebbe illegittima, ha creato «dal nulla» due nuove figure: il direttore tecnico-scientifico (lo stesso Floriani) e il direttore amministrativo, Valentina Amaddeo. Entrambi sono coinvolti (assieme a tre figli di Floriani, indagati a piede libero) nell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Filomena Aliberti che ha formulato nei loro confronti l’accusa di peculato perché, «avendo per ragioni del proprio servizio la disponibilità di denaro, eludendo le disposizioni normative in materia di accesso all’impiego nelle Pubbliche Amministrazioni, se ne appropriavano, utilizzandolo – è l’ipotesi accusatoria – per il soddisfacimento di interessi privati». Ovvero destinando una somma totale di 230mila euro allo stesso Floriani e ai figli Emilio, Giuseppe e Gabriele. Il capo d’accusa indica come commissione del presunto reato «data antecedente e prossima» al 15 settembre 2022, cioè il giorno dell’ultimo degli accrediti bancari emessi dal Sbv e finiti nel mirino della Procura. Già un anno prima, però, la stessa Amaddeo aveva ricevuto degli incarichi anche dal Comune di Vibo. A partire dalla collaborazione con il Comune per «affiancamento specialistico nei compiti inerenti l’attività di Vibo Valentia Capitale italiana del libro 2021», per un compenso di 5mila euro. Nella determina in questione, emessa proprio pochi giorni dopo le dimissioni di Amaddeo dal Sbv, si specificava come lei stessa avesse «già collaborato proficuamente con l’Assessorato alla Cultura per l’organizzazione di Vibo in Scena 2020», ma non sarebbe rimasto l’unico atto che attesta i rapporti professionali tra Amaddeo e il Comune.
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