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Mirarchi in Aula: i rom di Catanzaro gestivano enormi quantitativi di droga

Udienza in aula bunker per il processo nato dall’inchiesta Aesontium

L'ingresso dell'aula bunker di Catanzaro

Droga che arrivava dalla Locride, nascosta anche in una insospettabile officina e infine venduta sulla grande piazza di spaccio della periferia sud del capoluogo calabrese. È questo in sintesi il quadro tracciato ieri dai collaboratori di giustizia Santo Mirarchi e Vincenzo Sestito (entrambi assistiti dall’avvocato Michele Gigliotti) sentiti nell’ambito del processo scaturito dall’inchiesta Aesontium. Mirarchi, un tempo referente dei clan isolitani su Catanzaro, e Sestito, cresciuto nel quartiere Aranceto e imparentato con i Mannolo di San Leonardo di Cutro, sono stati ascoltati nell’aula bunker di Catanzaro.
Mirarchi ha parlato di «quantitativi enormi» di eroina, cocaina e marijuana che periodicamente arrivavano a Catanzaro e venivano spacciati tra i palazzi della periferia sud. Le sostanze stupefacenti, ha confermato il pentito catanzarese, arrivavano dalla provincia di Reggio Calabria. In particolare ha raccontato dei viaggi a San Luca, a Siderno e a Locri dove aveva rapporti con esponenti dei più importanti casati di ‘ndrangheta. Mirarchi ha anche svelato che per occultare la droga spesso veniva utilizzata un’autofficina situata nel quartiere Lido.

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