Ventidue condanne, di cui dieci ridotte e una aumentata rispetto a quelle decise nel primo grado di giudizio. Le ha inflitte ieri la Corte d'Appello di Bologna a conclusione del processo di rito abbreviato nato dall’inchiesta “Perseverance” della Dda felsinea. Si tratta del nome dato blitz che, scattato il 12 marzo 2021 con 10 arresti eseguiti da Polizia e Guardia di Finanza, sulla scia delle operazioni “Aemilia” (del 2015) e “Grimilde” (2019) mise sotto scacco le nuove leve ed alcune “vecchie conoscenze” della cosca Grande Aracri di Cutro radicata tra le province di Reggio Emilia, Modena, Piacenza e Parma. I giudici hanno diminuito da 18 anni a 16 anni e 8 mesi di carcere la pena comminata a Giuseppe Sarcone Grande. Il 63enne originario di Cutro è stato quindi riconosciuto responsabile di essere stato «capo e organizzatore» del gruppo criminale con base a Reggio Emilia in seguito alle condanne riportate dai fratelli Nicolino, Gianluigi e Carmine Sarcone nei vari tronconi processuali derivanti dalle indagini di “Aemilia”. Mentre per Salvatore Procopio, che per l'accusa avrebbe avuto il compito di dirimere le «controversie interne» alla ‘ndrina o con gli esponenti di «altre realtà criminali», sono stati ribaditi i 14 anni di reclusione comminati il 30 novembre 2022.
Con l'inchiesta "Perseverance", la Procura antimafia di Bologna si disse convinta di aver fatto luce sulla figura di Giuseppe Sarcone Grande che fino a quel momento era rimasto ai margini delle investigazioni. L'imputato, per gli inquirenti, avrebbe partecipato «alle riunioni tra gli esponenti della consorteria in occasione delle quali venivano pianificate le condotte criminose» del clan, e «prese le decisioni fondamentali per il mantenimento e rafforzamento» dell’organizzazione ‘ndranghetistica di matrice cutrese.
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