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Appalti in Lombardia, non provata l’ingerenza del clan Dragone-Ciampà di Cutro

Il gup di Brescia ha escluso l’aggravante mafiosa e l’infiltrazione nei lavori post-sisma nel Mantovano. Condannati sette imputati trai quali i Raffaele e Giuseppe Todaro

Non è stata provata la reviviscenza della cosca Dragone-Ciampà di Cutro all’indomani dell’omicidio del boss Antonio Dragone, assassinato il 10 maggio 2004 dal clan rivale dei Grande Aracri. Di conseguenza, non è emersa l’ingerenza della ’ndrangheta di matrice cutrese sugli appalti per la ricostruzione degli immobili dopo il terremoto che nel 2012 colpì la provincia di Mantova. Ecco spiegato perché il gup del Tribunale di Brescia, Alessandro D'Altilia, il 20 dicembre 2023, nel condannare in abbreviato i 7 imputati coinvolti nell’inchiesta “Sisma”, ha escluso la contestazione dell’aggravante mafiosa.
Con l’operazione “Sisma” scattata il 10 gennaio 2023 con 10 arresti eseguiti dai carabinieri, la Dda di Brescia si disse convinta di aver scoperto un presunto giro di corruzione legato all’affidamento dei lavori post-sisma nel Mantovano. E al centro dell’ipotizzato sistema fraudolento ci sarebbero stati due imputati di Cutro: l’imprenditore Raffaele Todaro (condannato a 5 anni, 7 mesi e 10 giorni di carcere), già marito della figlia del capobastone ucciso, e suo figlio architetto Giuseppe (6 anni, 4 mesi e 10 giorni) nipote di Antonio Dragone.

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