Il denaro che le società del gruppo Aloisio incassavano fornendo la manodopera alle grandi aziende aggiudicatrici dei lavori per la manutenzione della rete ferroviaria del Paese sarebbe stato utilizzato anche per sostenere gli affiliati alla cosca Arena-Nicoscia-Capicchiano di Isola Capo Rizzuto. Ne è convinta la Corte d’Appello di Milano. Che, nelle motivazioni della sentenza con la quale lo scorso 2 aprile ha inflitto dieci condanne e deciso quattro assoluzioni al termine del processo abbreviato di secondo grado scaturito dall’inchiesta “Doppio binario”, ricostruisce e delinea lo scenario criminale ipotizzato dalla Direzione distrettuale antimafia meneghina con l’operazione scattata l’11 febbraio 2022 con quindici arresti eseguiti dalla Guardia di Finanza.
Il dibattimento avrebbe dimostrato la presunta capacità degli Aloisio, attivi tra Milano e Varese, di essersi accaparrati - dal 2014 al 2020 - le gare indette da Rete ferroviaria italiana (parte offesa) all’ombra dei clan isolitani. Infatti, Maurizio Aloisio (condannato a 7 anni di carcere), ritenuto il promotore dell’organizzazione criminale operante in Lombardia, e suo fratello Francesco (4 anni e 8 mesi), entrambi contigui agli ambienti ’ndranghetisti per legami di parentela, sarebbero stati gli amministratori di fatto delle ditte che, in regime di «subappalti mascherati», avrebbero reclutato gli operai da Isola Capo Rizzuto per metterli a disposizione delle grandi imprese impegnate nelle opere di ammodernamento ferroviario.
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