Omaggio a Francesco Ferlaino, ucciso dalla mafia il 3 luglio 1975. Stamattina, su iniziativa dell’Associazione nazionale magistrati, su corso Nicotera sarà scoperta una stele e sarà deposta una corona di fiori per ricordare il sacrificio del giudice che venne assassinato nel primo pomeriggio di 39 anni fa e il cui delitto rimane ancora impunito. Ferlaino è stato uno dei primi illustri esponenti della magistratura a cadere sotto i colpi inesorabili del potere malavitoso.
Un assassinio che fece scalpore, che gettò la comunità lametina nello sgomento e la cui eco non si è ancora spenta. Francesco Ferlaino, avvocato generale della Corte d’appello di Catanzaro, fu colpito a morte proprio su corso Nicotera, in pieno centro cittadino, mentre stava rientrando a casa. Uomo colto, sensibile, fine latinista dal profondo senso religioso. Pretore e giudice istruttore nell’ex comune di Nicastro, fu anche presidente della Corte di Assise a Cosenza e poi della Corte d’Assise d’appello di Catanzaro. Il giudice Ferlaino diresse anche un dibattimento storico: il processo alla mafia palermitana trasferito per “legittimo sospetto” a Catanzaro. Rigoroso e integerrimo, non esitò a portare in tribunale, come imputati, i vertici della consorteria mafiosa accusati della famigerata strage di Ciaculli. Si trattava di un attentato del 1963 “firmato” Cosa Nostra, in cui persero la vita quattro carabinieri, due militari dell’esercito e un sottoufficiale del corpo delle guardie di pubblica sicurezza. Nella sua lunga e specchiata carriera, Ferlaino inflisse duri colpi anche all’anonima sequestri calabrese che, in quegli anni, rapì diversi imprenditori lametini seguendo attuando una vera strategia della tensione.
Purtroppo, a tutt’oggi, la sua morte non ha ancora un colpevole; eppure quel 3 luglio del 1975 è impresso ancora nella memoria di tutti. Ferlaino, 61 anni, dopo una mattinata di lavoro al tribunale di Catanzaro salì sulla Fiat 124 di servizio guidata dall'appuntato dei carabinieri Felice Caruso per tornare a casa e pranzare insieme alla famiglia. Il solito routinario percorso, dalla città capoluogo al centro di Lamezia Terme, dove il magistrato risiedeva. Arrivati a destinazione, il giudice scese dall’auto per entrare nel portone del suo palazzo ma da un’auto che sbucò da una traversa partirono i colpi di lupara che lo ferirono mortalmente. Ferlaino si accasciò senza vita sull’asfalto, l’appuntato Caruso tentò di sparare agli assassini ma l’auto su cui viaggiavano aveva già imboccato un’altra traversa limitrofa per disperdersi nel traffico. Tutto avvenne in pochi minuti, una sequenza terribile di morte e terrore che ancora sconvolge e interroga l’intera comunità lametina e non solo.
L’omaggio di oggi a Francesco Ferlaino è un momento di riflessione collettiva, di memoria, di storia ancora incompiuta. Una narrazione forte per le giovani generazioni che hanno il diritto e il dovere di conoscere e approfondire la vita e l’operato di un ‘servitore dello Stato’ che non si è mai piegato ai diktat di chi ha sempre vissuto e vive per l’anti-Stato.
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia