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Le mani del clan di Petilia sulla Sila, confermate 7 condanne

La sentenza di appello del processo scaturito dall’inchiesta “Eleo” della Distrettuale antimafia. Tra le ipotesi d’accusa una serie di estorsioni ai danni di operatori turistici

20061011 - PONTEDERA - ROMA - POL - SCIOPERO AVVOCATI: CAMERE PENALI, ADESIONE MASSICCIA. Toghe di magistrati poggiate su alcune sedie di un'aula del tribunale di Pontedera (Pisa). Una ''massiccia adesione'' sta caratterizzando il primo dei tre giorni di astensione dalle udienze indetti dall' Unione delle Camere Penali Italiane ''per difendere la parte relativa alla distinzione delle funzioni della riforma dell'ordinamento giudiziario e l'assetto culturale della professione forense''. Lo rende noto Giunta dell' Unione, recentemente rinnovata sotto la presidenza di Oreste Dominioni, che esprime ''grande soddisfazione per l'adesione totale alle battaglie ideali dell'avvocatura penale''.FRANCO SILVI - ANSA - I51

È terminato con la conferma di sette condanne ed un'assoluzione il processo di secondo grado scaturito dall'inchiesta "Eleo" coordinata dalla Dda di Catanzaro che nel 2021 sgominò la cosca di Petilia Policastro attiva anche a Cotronei.
Così ha deciso ieri la Corte d'Appello di Catanzaro che, in sostanza, ha ribadito l'impianto accusatorio delineato dal Tribunale di Crotone l'11 maggio 2023 quando comminò otto pene. Con l'operazione "Eleo" scattata il 15 gennaio di tre anni fa con 12 fermi eseguiti dai carabinieri, i pubblici ministeri della Procura antimafia di Catanzaro si dissero convinti di aver disarticolato il clan petilino che s'era riorganizzato dopo gli arresti e le condanne degli anni passati. Le indagini avrebbero quindi fatto luce sul rogo della seggiovia del “Villaggio Palumbo” di Trepidò, appiccato a novembre 2017, così come su una serie di estorsioni che sarebbero state messe a segno ai danni delle strutture ricettive di Cotronei. Non a caso, nella sentenza di primo grado, venne menzionato il presunto attivismo degli uomini della 'ndrina nell'avanzare maggiori pretese estorsive verso gli amministratori dello stabilimento turistico di Trepidò. Con il titolare del "Villaggio" che lamentò "la scarsa protezione" da parte degli esponenti della cosca in seguito ai danneggiamenti e ai furti che l'impianto stava periodicamente subendo. Ma non solo. Perché il blitz evitò anche una guerra tra i gruppi criminali che da lì a breve avrebbe potuto insanguinare i boschi della Presila crotonese: kalashnikov e fucili, finora nascosti sottoterra in frigoriferi e congelatori, sarebbero stati dissotterrati per essere usati.

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