Sarà il Consiglio di Stato a occuparsi dello scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Capistrano, in provincia di Vibo Valentia. L’ex sindaco Marco Martino (sul quale pende pure un distinto procedimento di incandidabilità) ha infatti annunciato ricorso avverso la sentenza con la quale il Tar del Lazio ha lunedì confermato il commissariamento per mafia dell’ente. Dalla sentenza del Tar emerge intanto che lo scioglimento è stato decretato anche a causa «dell’alterazione della volontà popolare della cittadinanza di Capistrano», tanto che «in tutti i Consigli comunali la minoranza ha votato concordemente alla maggioranza».
Per il Tar si è in presenza di una «manovra elettorale organizzata nel 2022 dalla disciolta maggioranza per creare artificiosamente due liste elettorali, in apparente competizione tra loro, al solo fine di evitare l’invalidazione dell’elezione in caso di mancato raggiungimento del quorum di partecipazione». Per il Tar sono quindi «acclarati i rapporti opachi (al di là del rilievo penale) con soggetti controindicati, divenendo evidente il tentativo di mantenere, con il descritto escamotage giuridico, una parvenza di regolarità nel processo elettorale». E’ infatti emerso che la moglie e la figlia del candidato a sindaco Rocco Tino (sulla carta contrapposto a Marco Martino) figurano tra i sottoscrittori della lista «Città futura con Martino», unitamente ai nipoti del consigliere di minoranza Bruno Cortese (quest’ultimo prescritto in un’inchiesta della Dda mentre il figlio è stato condannato). «Nella lista di Rocco Tino figurano invece tra i sottoscrittori la moglie del vicesindaco Vito Pirruccio, i cugini di quest’ultima e la moglie del consigliere di maggioranza e presidente del Consiglio Vito Montesano, oltre al marito della consigliera di maggioranza Maria Vittoria Caputo»
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