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Asp di Vibo sciolta per mafia, un epilogo scritto

Nei giorni scorsi, probabilmente, erano in tanti quelli che confidavano nello scioglimento dell’Asp e che apparivano pronti a brindare per l’uscita di scena del commissario straordinario Antonio Battistini. A risultato conclamato e bicchieri vuoti, invece, sembra farsi largo il momento della riflessione e della preoccupazione. La triade commissariale, di solito, non provoca sfracelli, non promuove azioni traumatiche, non sovverte il sistema. Nulla esclude, però, che lo possa fare; nulla esclude che a comporla ci sia gente in carriera e pronta a lasciare il segno. Bisognerà aspettare i primi provvedimenti perché gli “esperti” possano capire da che parte tira il vento, in quale stanza mettersi al riparo.
L’idea che cammina di più è sempre quella che, alla fine della fiera, cambierà ben poco. Non è cambiato nulla nemmeno dopo il primo commissariamento avvenuto nel 2010. Anzi, a seguire, le cose sono progressivamente peggiorate tanto che, a 14 anni di distanza, la storia si ripete gettando ombre sinistre sull’intera sanità vibonese, ormai schiacciata nelle ultime posizioni di tutte le graduatorie regionali e nazionali. Rimarcato con forza che gli ultimi sedici mesi di gestione dell’Azienda sono stati curati dal generale Antonio Battistini, che, pur dividendo il suo tempo tra Vibo e Catanzaro, ha fatto tutto quello che ha potuto per cercare di incidere in un sistema ormai radicato, basta spulciare nelle inchieste giudiziarie, e soprattutto nella Carthago-Maestrale, per risalire alle cause della nuova catastrofe. L’inchiesta della Dda catanzarese, scattata nel maggio del 2023, portava alla luce un incrocio di interessi politici e ‘ndranghetistici che si traducevano in pressioni sui concorsi, interventi sulla gestione della mensa dello “Jazzolino” dipinta come del tutto asservita alla criminalità organizzata, condizionamento di appalti, scambio di voti, pesanti scontri tra dirigenti medici.

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