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La ’ndrangheta nelle curve di San Siro. L’ombra dei Mancuso sui delitti milanesi

L’inchiesta sugli ultrà ha acceso i riflettori sul business con le cosche calabresi. Gli incroci tra Alfonso Cuturello e Marco Ferdico per “gestire” gli affari

C’era anche lui nella partita di calcetto giocata tra ultrà interisti e milanisti il giorno prima che Andrea Beretta uccidesse il suo “socio” Antonio Bellocco. E, stando alle cronache milanesi, sarebbe ricomparso proprio sulla scena del delitto che ha palesato quanto appetibili e pericolosi possano essere gli affari attorno alle “Due curve” di San Siro. Alfonso Cuturello, 36 anni da compiere e plurimi legami di parentela con i Mancuso, è noto sia agli inquirenti che a diversi dei capi ultras coinvolti nell’inchiesta sul tifo milanese.
Non figura tra gli indagati, è milanista – ma lo stesso Bellocco era in realtà juventino – e il suo nome ricorre più volte nelle carte vergate dai pm Paolo Storari e Sara Ombra. Lo si ritrova nei capitoli da cui emerge quanto i Bellocco abbiano «dovuto interporsi per tenere “lontane” altre famiglie mafiose, con incontri realizzati dapprima in Lombardia, poi in Calabria, e poi di nuovo in Lombardia».
Si parla anche del potente clan vibonese che ha il suo feudo tra Limbadi e Nicotera: uno degli arrestati, Marco Ferdico, ancora prima dell’altro omicidio eccellente che ha preceduto il delitto Bellocco, quello del “vecchio” capo ultras Vittorio Boiocchi, «supportato da soggetti calabresi legati alla “Cosca dei Mancuso”, avrebbe avuto in animo – si legge nei faldoni dell’inchiesta – di escludere Boiocchi dal direttivo della curva per acquisire la gestione degli affari economici del gruppo ultrà interista». E «a fronte del suo rifiuto maturava il proposito di una eliminazione fisica dello stesso».
Dopo l’omicidio di Boiocchi fu proprio Beretta a raccontare agli inquirenti di essere «stato avvicinato da personaggi di origine calabrese che lo avevano minacciato».

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