L'imprenditore Paolo Paoletti, arrestato dalla Guardia di Finanza con l'accusa di aver realizzato una vera e propria associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento dei lavoratori, avrebbe potuto contare su un “complice”: lo stato di bisogno in cui si trovano tanti, troppi cittadini calabresi. Lo sottolinea più volte nella sua ordinanza il gip Luca Bonifacio ricordando che i fatti contestati sono avvenuti «in una realtà geografica caratterizzata da un forte tasso di disoccupazione e inoccupazione». Insomma solo grazie alle precarie condizioni economiche dei calabresi l'imprenditore avrebbe potuto realizzare i reati che gli vengono adesso contestati dalla Procura di Catanzaro. «Costituisce dato comunemente noto – sottolinea il gip - la circostanza per cui quello calabrese sia tra i territori in Italia caratterizzati dai livelli più bassi di occupazione (in tal senso, i dati Istat cristallizzano come il livello di disoccupazione giovanile in Calabria raggiunga la punta del 65 %). Tale elemento, trovante le proprie ragioni in una pluralità di concause non certo da analizzare in questa sede, si pone infatti – secondo il gip che ha disposto l'arresto di Paoletti - in un rapporto di stretta interconnessione rispetto alla condizione di debolezza del lavoratore che, affacciandosi sul mercato del lavoro, non trova sufficienti opportunità appetibili per il proprio inquadramento professionale». Il gip Bonifacio parla di «vulnerabilità che se sfruttata come nel caso di specie dal datore di lavoro consente l’imposizione di condizioni lavorative del tutto inique al soggetto “debole”, con conseguente arricchimento della controparte “forte”, la quale può ben garantirsi l’agevole accesso a manodopera a basso costo stante la prevalenza dell’offerta sulla domanda».
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