Tre condanne a pene variabili dagli 11 ai 16 anni: si è concluso così, davanti ai giudici del Tribunale di Crotone, il processo con rito ordinario agli ultimi imputati accusati di essere stati gli scafisti del caicco "Summer love» che naufragò ad un centinaio di metri dalla costa di Steccato di Cutro il 26 febbraio dello scorso anno dopo avere impattato su una secca. Un urto che mandò la barca in frantumi e provocò la morte di 94 migranti - 35 dei quali erano ragazzi e bambini, alcuni di pochi mesi - ed un numero imprecisato di dispersi, almeno una decina.
Dopo 17 udienze, il Tribunale ha condannato a 16 anni di reclusione Sami Fuat, di 51 anni, turco, e Hasab Hussain (22), pakistano, e a 11 anni, un mese e 10 giorni Khalid Arslan (26), anche lui pakistano. Per i giudici sono responsabili di favoreggiamento all’immigrazione clandestina e morte in conseguenza del favoreggiamento, mentre non sono responsabili dell’incidente e per questo sono stati assolti dall’accusa di naufragio colposo.
Una sentenza contestata dai due imputati pakistani, che alla lettura del dispositivo sono scoppiati a piangere. Nel corso delle varie udienze hanno ripetuto più volte di essere stati semplici passeggeri. Una tesi non condivisa dal pm Pasquale Festa sulla base anche delle testimonianze di alcuni degli 85 sopravvissuti e che per loro aveva chiesto la condanna.
Con la sentenza di oggi, si chiude la prima tornata dei processi di primo grado agli scafisti, individuati dall’accusa in sei. Uno, Guler Bayram (35), siriano, ritenuto uno degli organizzatori del viaggio e accusato di essersi alternato al timone del Summer Love, è deceduto nel naufragio. Gli altri due, Mohamed Abdessalem (26), siriano e Gun Ufuk (29), turco, sono stati condannati a 20 anni di reclusione ciascuno in dibattimenti separati svoltisi col rito abbreviato.
Rispetto a Abdessalem e Ufuk, i tre imputati condannati oggi non sono ritenuti scafisti veri e propri, così come ha detto il pm nella requisitoria del 9 novembre scorso, «ma hanno avuto un ruolo attivo nella gestione dei passeggeri del caicco naufragato anche se la loro responsabilità nel naufragio non è equiparabile a quella di chi guidava barca». Festa, ricostruendo la vicenda, aveva anche sottolineato come Hussain, che si era finto minore, fosse «un organizzatore del viaggio avendo trovato nel suo telefono 74 foto con documenti di identità, assegni, transazioni bancarie di altre persone che in alcuni casi avevano già raggiunto l’Italia».
Sul fronte giudiziario, è ancora aperto il troncone relativo a presunte lacune nei soccorsi. La Procura di Crotone ha chiesto il rinvio a giudizio di sei militari, quattro della Guardia di finanza e due della Capitaneria di porto, ipotizzando che quella notte vi furono «inerzie» ed «omissioni» da parte di chi gestì gli interventi in mare - o i mancati interventi - delle motovedette dei due Corpi. L’intervento, dopo la segnalazione la sera precedente da parte di un aereo Frontex, fu gestito come operazione di polizia dalla Guardia di finanza e non scattò la ricerca e soccorso con la mancata uscita in mare dei mezzi della Guardia costiera.
I sei sono imputati per i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Accuse che dovranno adesso passare al vaglio del gip - la data dell’udienza preliminare non è stata ancora fissata - che dovrà stabilire se mandare a processo i militari.
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