Il Tar Calabria, con una sentenza pubblicata oggi, ha definitivamente rigettato il ricorso presentato da un’associazione di diportisti di Vibo Valentia Marina, che aveva impugnato il decreto con il quale l’Autorità di Sistema portuale dei mari Tirreno meridionale e Ionio aveva revocato la concessione demaniale marittima intestata alla stessa associazione.
«Le ragioni della declaratoria di revoca - informa una nota dell’Autorità - vanno ricercate nella evidente «vicinanza» (anche familiare) con la criminalità organizzata di vari componenti dell’organo direttivo dell’associazione (presidente, vicepresidente e segretario del C.d.A.) e di numerosi associati, alcuni dei quali pure con precedenti penali».
Sulla base di tali circostanze, comunicate all’Autorità di Sistema portuale dei mari Tirreno meridionale e Ionio, la Questura di Vibo Valentia aveva sottolineato «l'indubbia esigenza di elevare il livello del controllo preventivo, ritenendo altamente sussistente il rischio di asservimento dell’associazione in esame al contagio malavitoso, in una ottica di ragionevole anticipazione della soglia di tutela preventiva e della sua anticipazione anche nell’ambito privato». Le circostanze riportate, sostiene l’Autorità, «sono state considerate decisive per far ritenere venuto meno il rapporto fiduciario tra l’Autorità di Sistema con l’Associazione concessionaria e per escludere, dunque, che essa potesse proseguire l’esercizio di qualsiasi sua attività all’interno dell’area portuale; tale valutazione ha portato all’adozione del Decreto n. 41/2023, la cui efficacia è stata confermata dal Tar Calabria di Catanzaro».
L’Autorità di Sistema portuale dei mari Tirreno meridionale e Ionio ha chiarito di intervenire perchè «l'attività da esercitarsi da parte dell’Associazione concessionaria appare rientrare nel novero delle attività inquinate da infiltrazioni mafiose, ritenendosi pertanto altamente sussistente il rischio di asservimento dell’Associazione predetta alle logiche malavitose;[] la valutazione prognostica sfavorevole in ordine all’idoneità soggettiva dell’Associazione a rivestire lo status di concessionaria di beni del demanio marittimo prescinde da qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (nè- tanto meno- occorre l’accertamento di responsabilità penali, quali il concorso esterno o la commissione di reati aggravati ai sensi dell’art. 7 della legge n. 203 del 1991), poichè simile logica vanificherebbe la finalità anticipatoria del contrasto in via amministrativa, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante; doveroso, nonchè rispondente ai criteri di ragionevolezza e non contraddittorietà, in sede di riedizione del potere amministrativo, esercitare la discrezionalità di cui all’art. 42, comma primo, del codice della navigazione, adottando un provvedimento che incida in senso restrittivo nel rapporto concessorio intercorrente tra questo Ente e l’Associazione al precipuo fine di tutelare il prevalente interesse pubblico al contrasto preventivo, in via amministrativa, ai tentivi di infiltrazione mafiosa nelle attività economiche marittime e portuali. Continua quindi - si sostiene - l’azione di contrasto dell’Autorità di Sistema portuale dei mari Tirreno meridionale e Ionio, in via preventiva ed amministrativa, ai tentativi di infiltrazione mafiosa nelle attività economiche portuali di Vibo Valentia Marina, grazie al contributo fondamentale delle Autorità Statali e di pubblica sicurezza, intesa al rigoroso rispetto del principio di legalità».
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