La cattura del boss Cosimo Damiano Gallace nell’ottobre del 2021 scatenò accese reazioni nella famiglia Paparo, che si era messa completamente a disposizione del capo clan per agevolare la sua latitanza. È quanto si legge nelle pagine dell’inchiesta che ha portato all’arresto di 44 persone riconducibili alla cosca Gallace, nell’ambito dell’operazione Ostro, coordinata dalla Dda di Catanzaro e condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro e del Ros.
L’arresto, infatti, era avvenuto in un bunker ricavato nell’impianto situato a Isca e riconducibile proprio all’imprenditore Antonio Paparo. L’effettivo titolare del nascondiglio, però, era il fratello di Antonio Paparo, Gregorio, come si evince dal dialogo intercettato il 9 ottobre 2021 fra Paparo e sua moglie in cui commentavano che i carabinieri probabilmente avevano pensato che il covo fosse affittato, altrimenti la sera della cattura di Gallace, avrebbero arrestato anche suo fratello. Questa situazione era motivo di forte agitazione per Gregorio Paparo, che non versava in buono stato di salute.
Una certa preoccupazione era stata manifestata anche da Maicol Paparo, figlio di Antonio, che pochi giorni prima era stato eletto in seno al Consiglio comunale di Badolato. Nel dialogo captato dagli inquirenti a casa di Giuseppe Fiorenza, marito dell’ex assessora Antonella Giannini, Maicol Paparo riferiva la conversazione avuta con alcune persone le quali paventavano una sua possibile dimissione da consigliere.
«Parlavano pure con me - diceva - che dopo che gli ho detto io se… te ne esci più danno fai». A fronte dei timori espressi dal figlio, Paparo lo tranquillizzava dicendogli che lui non c’entrava niente, in quanto non risultava da nessuna parte.
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