
Assolto in appello il collaboratore di giustizia Salvatore Pace, imputato dopo la riapertura delle indagini sull'omicidio di Umberto Mormile, l’educatore del carcere di Opera ucciso dalla 'ndrangheta nelle campagne di Carpiano, nel Milanese, l’11 aprile del 1990. Lo ha deciso la Corte di Assise d’appello di Milano «perché il fatto non sussiste», ribaltando la sentenza di primo grado con cui l’uomo era stato condannato in abbreviato a 7 anni di reclusione. La riapertura dell’inchiesta era stata voluta dai familiari della vittima, e in particolare dal fratello, dalla sorella e dalla figlia, tutti assistiti dal legale Fabio Repici. Pace, accusato di aver fornito «supporto logistico», facendo consegnare da «appartenenti del suo gruppo» criminale «armi ed una moto per eseguire l’omicidio», era stato condannato in primo grado insieme a Vittorio Foschini che ha rinunciato all’appello.
«Una brutta pagina dell’amministrazione della giustizia». Con queste parole Stefano Mormile, fratello di Umberto, ha commentato la sentenza fuori dall’aula. L’educatore, 34 anni, venne assassinato l’11 aprile del 1990 mentre andava al lavoro: venne avvicinato da due individui in sella a una moto di grossa cilindrata e crivellato da sei colpi di pistola. Per l’omicidio sono già stati condannati nel 2005 come mandanti i boss della 'ndrangheta Antonio Papalia e Franco Coco Trovato, e come «esecutori materiali» Antonio Schettini e Antonino Cuzzola. Nel 2011, con altro verdetto definitivo, anche Domenico Papalia, anche lui mandante. Le altre due condanne per Pace e Foschini nel processo con il rito abbreviato erano arrivate 34 anni dopo il delitto.
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