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Il commissario che rubava i soldi della società in liquidazione: maxi confisca nel Vibonese

L’imputato, nominato dal Ministero dello Sviluppo Economico, si sarebbe appropriato nel tempo di ingenti somme di denaro attraverso assegni e bonifici

Una confisca da 380mila euro. Ad eseguire il provvedimento i finanzieri del Comando Provinciale di Vibo Valentia su beni (fabbricati e terreni, ubicati nel territorio del comune di Foligno e disponibilità finanziarie) di proprietà di un soggetto destinatario di sentenza irrevocabile di condanna per il reato di peculato e reati fallimentari a seguito di patteggiamento.

Le indagini - coordinate e dirette dal Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia Camillo FALVO e dal Sostituto titolare del fascicolo ed eseguite dal Nucleo di polizia Economico-Finanziaria e dalla Sezione di P.G. - avevano permesso di appurare come l’imputato, nominato dal Ministero dello Sviluppo Economico quale commissario liquidatore di una società vibonese operante nel settore “Ricerca e sviluppo sperimentale nel campo delle altre scienze naturali e dell'ingegneria”, posta in liquidazione coatta amministrativa, si fosse appropriato, nel tempo, di ingenti somme di denaro della procedura concorsuale attraverso assegni e bonifici, privi di qualsiasi giustificazione, in favore proprio, nonché a beneficio di un altro soggetto e di una società riconducibile al proprio nucleo familiare.

In particolare, dagli accertamenti svolti era emerso che il commissario liquidatore avesse aperto due conti correnti intestati alla società in liquidazione coatta amministrativa, uno solo dei quali veniva reso noto al Ministero dello Sviluppo Economico, e tramite gli stessi effettuasse importanti movimentazioni di denaro senza fornire alcuna rendicontazione né documentazione giustificativa, procurando così un indebito vantaggio economico a sé e a soggetti a lui vicini, causando al contempo un danno patrimoniale di rilevante gravità alla società in liquidazione e ai creditori della stessa, quantificato in € 864.396,00.

Con la sentenza in questione, oltre alla confisca, all’imputato è stata applicata la pena di anni due e mesi sei di reclusione, e dichiarata l’inabilitazione all’esercizio di imprese commerciali e dell’esercizio di uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

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