
Un operaio di 53 anni, Roberto Falbo, residente nel quartiere Capizzaglie, è morto cadendo da un’impalcatura in una fabbrica per la produzione di mangimi a Lamezia Terme. Falbo, che era un dipendente della fabbrica, é deceduto sul colpo ed a nulla sono valsi i soccorsi prestatigli dal personale del 118, intervenuto insieme ai carabinieri e ai vigili del fuoco. Sul posto anche il personale dello Spsal, il Servizio per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro. La Procura della Repubblica di Lamezia Terme ha aperto un fascicolo sull'incidente per accertare eventuali responsabilità. Si tratta del quarto calabrese morto sul lavoro nell’arco di 80 giorni: Francesco Stella a Lamezia nel mese di gennaio, Maicol Affatato a Mandatoriccio, il vibonese Raffaele Sicari morto a Siracusa e oggi Roberto Falbo che lascia la moglie e due figli.
Scalese (CGIL Area Vasta): “Serve una svolta sulla sicurezza”
Ancora una tragedia sul lavoro, ancora una vita spezzata nel silenzio di un posto di lavoro. Il decesso dell’operaio Roberto Falbo, precipitato da un’impalcatura in un’azienda per la produzione di mangimi nella zona industriale di Lamezia Terme, è l’ennesima ferita inferta alla dignità del lavoro e alla sicurezza di chi ogni giorno si guadagna da vivere in condizioni spesso inaccettabili.
A nome della Cgil Area Vasta Catanzaro-Crotone-Vibo, il segretario generale Enzo Scalese esprime profondo cordoglio alla famigliadi Roberto, ai colleghi, a tutti coloro che lo conoscevano. “Ma insieme al dolore, sentiamo la necessità di alzare la voce, ancora una volta, perché queste morti non diventino numeri, statistiche, cronaca ordinaria”, afferma Scalese.
“La sicurezza non è un optional. È un diritto. E quando viene negato, come in questo caso, si configura un fallimento collettivo” – dice ancora il segretario della Cgil Area Vasta –. Falbo non doveva morire. Come non dovevano morire le oltre 1000 persone che ogni anno in Italia perdono la vita sul lavoro. Una media tragica che vuol dire tre morti al giorno. Non possiamo più accettarlo”.
Proprio per questo, la CGIL sostiene con forza il referendum promosso sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, in particolare il quarto quesito, che punta ad abrogare una norma che limita la responsabilità dell’impresa committentein caso di infortunio dell’appaltatore o subappaltatore.
“Il sistema degli appalti è spesso una giungla, in cui la sicurezza si perde tra subaffidamenti, tagli ai costi e scarico di responsabilità - prosegue Scalese -. Con questo referendum vogliamo dire basta. Basta appalti al ribasso, basta committenti che si lavano le mani, basta lavoratori lasciati soli. Vogliamo che l’impresa committente risponda in solido, anche per i danni legati ai rischi specifici dell’attività appaltata. Solo così si alzerà il livello di attenzione, prevenzione e vigilanza.”
La CGIL invita tutti i cittadini a riflettere su quanto è accaduto e a sostenere una battaglia di civiltà e giustizia, affinché tragedie come quella avvenuta oggi a Lamezia non restino impunite né isolate, ma diventino un punto di svolta per un nuovo modello di lavoro, in cui la vita valga più del profitto.
“Roberto Falbo non può essere morto invano. Facciamo in modo che la sua morte diventi uno spartiacque. È il momento di dire basta alla strage silenziosa nei luoghi di lavoro. È il momento di cambiare le regole”, conclude Scalese chiedendo al prefetto di Catanzaro, Castrese De Rosa, la convocazione di un tavolo permanente sulla sicurezza sui luogo di lavoro chiamando in causa tutti gli attori interessati nell’interesse prioritario dei lavoratori e delle lavoratrici di ogni comparto.
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