
Il Consiglio di Stato ha confermato lo scioglimento per infiltrazioni mafiose degli organi elettivi del Comune di Capistrano, nel Vibonese. Respinto il ricorso dell’ex sindaco Marco Martino contro la sentenza del Tar del Lazio. Per il Consiglio di Stato si è in presenza di una «volontaria cooperazione degli ex amministratori con gli scopi dell’organizzazione criminale» e rimane «accertata l’influenza mafiosa sull'amministrazione locale». Gli elementi dell’infiltrazione mafiosa sono stati ritenuti «concreti, univoci e rilevanti».
Nella relazione di scioglimento dell’ente locale, veniva specificato che l’indagine della Prefettura di Vibo era partita da un’inchiesta della testata giornalistica Il Vibonese.it, rilanciata dall’allora presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra. Accertato che il sindaco Marco Martino (Forza Italia) ha inviato messaggi di auguri per la nascita della figlia di Emanuele Mancuso, esponente dell’omonimo clan della 'ndrangheta poi divenuto collaboratore di giustizia. Dalla relazione emerge poi che il sindaco, in sede di audizione in Prefettura, ha fornito una versione dei fatti «inverosimile quanto censurabile». Irregolarità sono state riscontrate negli appalti e nei tributi, mentre gli amministratori avrebbero intrattenuto rapporti con la criminalità. Si è inoltre fatto strumentalmente ricorso a una lista «civetta» per non invalidare il turno elettorale e tra i sottoscrittori di tale lista vi erano pure la moglie del vicesindaco Vito Pirruccio, i cugini di quest’ultima e la moglie del consigliere e presidente del Consiglio Vito Montesano, oltre al marito della consigliera di maggioranza Maria Vittoria Caputo, mentre la moglie e la figlia del candidato a sindaco Rocco Tino (sulla carta contrapposto a Marco Martino) figuravano tra i sottoscrittori della lista «Città futura con Martino», unitamente ai nipoti del consigliere Bruno Cortese (quest’ultimo prescritto in un’inchiesta della Dda mentre il figlio è stato condannato).
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