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Naufragio di Cutro, le ong parti civili: "Bisogna fare luce sulla catena comando"

Le Ong chiedono di «porre immediatamente fine alla criminalizzazione delle persone in movimento e di ripristinare efficaci operazioni di ricerca e soccorso in mare

Il cartello di organizzazioni di ricerca e soccorso in mare si è costituta ieri parte civile, entrando così formalmente nel processo penale sul naufragio di Cutro. Sull'atto, infatti, non sono state accolte le richieste di estromissione presentate dagli avvocati della difesa. Il procedimento mira a ottenere verità e giustizia per la catena di eventi, decisioni ed omissioni che hanno portato a uno dei più tragici naufragi della storia italiana: quello avvenuto al largo di Steccato di Cutro nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, quando un’imbarcazione è affondata provocando la morte di almeno 94 persone e un numero imprecisato di dispersi. Di tutte le persone che erano a bordo solo in 80 sono sopravvissute. Nel processo sono accusati di naufragio colposo e di omicidio colposo plurimo sei ufficiali della Guardia costiera e della Guardia di finanza.

La coalizione delle Ong commenta: «Per la buona riuscita delle operazioni di soccorso sappiamo che i tempi sono fondamentali. Analogamente i ritardi nel lanciare questi interventi non sono un incidente, ma una negligenza più o meno calcolata. In questo caso le autorità italiane hanno ignorato il loro dovere di soccorso ma questa gravissima omissione che ha avuto conseguenze drammatiche non può restare impunita. Non si deve più permettere che i responsabili, compresi i livelli decisionali più alti, restino indenni mentre le persone continuano ad annegare in mare».

Le organizzazioni Sar attive nel Mediterraneo hanno ampiamente documentato come i ritardi nell’avvio di operazioni di soccorso abbiano portato a tante evitabili stragi. Pertanto, «il giudizio non può fermarsi ai funzionari di grado inferiore e ogni decisione, anche quelle delle autorità superiori, deve essere presa in considerazione risalendo la catena di comando».

Emergency, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, Sos Humanity e Sos Mediterranee intendono «supportare nel processo le famiglie delle vittime appoggiando la loro richiesta di giustizia». Le Ong chiedono di «porre immediatamente fine alla criminalizzazione delle persone in movimento e di ripristinare efficaci operazioni di ricerca e soccorso in mare, auspicabilmente anche con una missione europea dedicata. L’impegno a sostenere il diritto internazionale marittimo e la protezione del diritto alla vita devono essere alla base di tutte le decisioni politiche»

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