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Stefania Sandrelli al Politeama di Catanzaro dà lezioni di divismo e difende la parità di genere

Stefania Sandrelli e Gianvito Casadonte

Felpata, soave, amabile, così diversamente diva da aver trovato nella spontaneità e nell'empatia una sua personalissima cifra del divismo, Stefania Sandrelli sfodera le unghie quando, nella conversazione-evento organizzata al teatro Politeama di Catanzaro  dal sovrintendente Gianvito Casadonte, si sfiora il tema della condizione della donna.

Lei, coccolata dallo star system da quando, appena quindicenne, si affaccia alla ribalta ed è subito musa di una schiera di "mostri sacri" del cinema internazionale, qualche sentore di discriminazione forse lo ha avvertito e lo avverte. «Ma perché – sbotta – una donna deve guadagnare metà della metà di un uomo? Perché?». Il pubblico applaude, lei s’infervora e sottolinea che del problema ci si occupa solo adesso perché «le americane hanno cominciato a parlarne».

Sorride dolce e disarmante, questo mito contemporaneo capace di imporsi oltre le mode. L'allure, il fascino di questa icona di femminilità debbono molto alla sua apparente contraddittorietà, a quel sembrare sperduta e bisognosa di protezione quando in realtà è, ancora oggi, un’inossidabile regina del gotha cinematografico. Lei stessa ne è consapevole e, sorniona, fa autoironia: «Non ti si dà una lira, mi dicevano, poi si andava in produzione e i miei registi capivano che ero in grado di dare il meglio».

«La vita è l'arte dell'incontro», spiega innescando il flusso dei ricordi: l'artista Giacometti sul lago Lemano, Luigi Tenco «sensuale e bello», Vinicius De Moraes conosciuto a casa di Ungaretti, mentre lei si affermava con film immortali come, diretti da Pietro Germi, “Divorzio all’italiana”, vincitore di un Oscar, e “Sedotta e abbandonata” con Marcello Mastroianni, i capolavori di Bernardo Bertolucci “Novecento” e “Il conformista” e  tanti altri lavori memorabili per un  totale di oltre cento film.

«Sono stata fortunata, ho fatto anche scelte controcorrente basandomi sempre e solo sull’idea di partecipare a un bel film. Questo mi ha permesso di non mettermi al centro di tutto, di far prevalere la partecipazione. “Infischiatene di fare la protagonista” era il mio motto. Ho attraversato un’avventura più grande di me in piena autonomia. Posso dire che io… ballo da sola! La mia vita è gioiosa, un baule che resta sempre aperto. Certo ho dei limiti, delle fragilità ma non sarò mai depressa. Credo nella sorellanza, nel rapporto con le altre donne. In realtà – conclude sovrappensiero – non avevo rivali». Ne siamo certi.

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