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La storia dei vescovi in Calabria raccontata nell'ultimo libro di mons. Filippo Ramondino

La pastorale dei vescovi in Calabria dal 1891 al 1962 e quel primo atto del 1934 contro la criminalità organizzata nell'opera del sacerdote vibonese, direttore dell'Archivio storico diocesano di Mileto

Uno spaccato della storia della chiesa calabrese sulle vie del mondo dal 1891 al  1962. Una chiesa  immersa nella società e nei suoi tumulti in un territorio come la Calabria dove le assenze, le mafie, la precarietà perenne, la sfiducia nelle istituzioni,  le angherie e le disparità sociali  l’hanno fatta sempre da padroni.

E’ questo e tanto altro l’opera dal titolo ”Pastorale sociale dei vescovi di Calabria dalla Rerum Novarum agli inizi del Vaticano  II” (Adhoc edizioni,  con prefazione del presidente della conferenza episcopale calabra monsignor Vincenzo Bertolone) che porta la firma del vicario vescovile della diocesi di Mileto Nicotera Tropea monsignor Filippo Ramondino, studioso attento e rigoroso con già all’attivo numerose opere di notevole valore storico e religioso.

"Vescovi sono stati pastori premurosi di insegnare"

Ramondino da storico di razza,  con il gusto del  raccontatore e che ha sviluppato larga parte della sua ricerca presso le fonti del prezioso archivio storico diocesano di Mileto di cui è direttore,  consegna agli studiosi, a chi ama conoscere a fondo la storia  della sua terra e alle nuove generazioni, che desiderano fare memoria del loro passato, pagine di documenti e  di cronache  con protagonisti tanti vescovi  alcuni dei quali provenienti dall’Italia settentrionale  che “sono stati pastori “premurosi di insegnare ” e che nel loro cammino si sono dati con “carità generosa e speranza incrollabile per l’attuazione del progetto di Dio”, trovandosi spesso ad affrontare  le ingiustizie di una società sorda al richiamo del Bene e qualche volta anche le malefatte di qualche sacerdote  Dopotutto nell’Italia degli anni trattati da Ramondino il vescovo è anche “il primario interprete dei bisogni della società  e soprattutto del popolo”. Il compito del pastore diocesano nella Calabria della mille dimenticanze,  della povertà che si coglie in ogni dove e dei vuoti a perdere,  è anche quello di agire con concretezza  all’interno della società attraverso la cura pastorale delle coscienze per formare gli “uomini nuovi“ in grado di cambiare le carte in tavola.  Ne sono prova i sinodi, i convegni, i  congressi  e l’intesa attività dei vari movimenti pastorali costantemente impegnati su questo fronte e di cui si fa menzione nelle oltre 600 pagine del volume. Un’ opera preziosa dove gli eventi si rincorrono attraverso le guerre; il flagello del 1908  quando la parte meridionale della regione calabra e il messinese  subirono uno dei terremoti di più elevata magnitudo della storia simica italiana con migliaia di vittime;  i fermenti del   mondo contadino, le epidemie, le prime opere socio-assistenziali, i vescovi calabresi,  il fascismo, il  Movimento cattolico in Calabria e la lotta all’analfabetismo.

Il volume riporta anche con dovizia di particolari le risultanze  del concilio plenario del 1934 che intervenne energicamente sulle piaghe dell’ignoranza, della fame,  della malattia,   della superstizione che “rappresenta un vero inquinamento della vita morale e religiosa di un popolo” , ma  anche e soprattutto sulla criminalità organizzata. In quella occasione i   vescovi, alla luce di una serie di omicidi e di suicidi, che si erano verificati in  Calabria,   chiesero per la prima volta collettivamente a gran voce e “in forma prescrittiva” ai parroci, attraverso monsignor  Luigi Guido arciprete di  Polistena  nella diocesi di Mileto, di  ispirare nella gente l’orrore per ogni forma di violenza e di  allontanare i fedeli da “quelle associazioni a delinquere (Picciotteria o Succietà annurata)  che hanno il mandato delittuoso di uccidere o pretendere la vendetta, predicando il perdono e il ricorso alla giustizia”.

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