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Catanzaro, il “deserto” avanza nel centro storico. Per fermarlo si spera nella zona franca

Sono sempre di più i negozi che chiudono definitivamente i battenti. Borelli: «Fenomeno nazionale. Puntiamo anche su Agenda urbana»

Dietro ogni serranda abbassata c’è una storia, un percorso di vita che alcune volte segna il passo, altre si ferma provvisoriamente, altre ancora declina senza possibilità di risalire la china. È un fenomeno certamente non nuovo che il covid ha solo accelerato e che negli ultimi mesi ha prodotto un’ulteriore desertificazione del centro storico del capoluogo. Sempre più spesso accade di vedere serrati gli ingressi di attività commerciali storiche, in alcuni casi vere e proprie istituzioni cittadine non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale. Al netto della facile retorica, però, le cause di questo stillicidio sono molteplici e complesse.

Per analizzarle occorre partire da alcuni dati che restituiscono un fenomeno sì nazionale, ma che evidentemente produce effetti più pesanti in territori già marginali ed economicamente depressi come quasi tutto il Meridione d’Italia. Secondo il Centro studi di Confcommercio, negli ultimi 10 anni in Italia sono sparite circa 100mila attività di commercio al dettaglio. Guardando alla Calabria emerge come tutte le principali città della regione mostrino il segno meno in relazione al commercio nei centri storici, sebbene con sfumature diverse. «Il dato di Catanzaro – spiega l’assessore comunale alle Attività economiche, Antonio Borelli – è un po’ più critico rispetto a quelli di Reggio Calabria e Cosenza e sostanzialmente in linea con Vibo e Crotone, ma l’incidenza è moto simile in tutti e cinque i capoluoghi».

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