"Il dibattito sulla rigenerazione urbana ha trovato nuova centralità con il disegno di legge attualmente in discussione presso la Commissione Ambiente del Senato, finalizzato, una volta trasformato in legge, a incentivare la riqualificazione del patrimonio immobiliare attraverso una serie di agevolazioni e strumenti pubblici. Il Ddl pone particolare enfasi sulla collaborazione tra amministrazioni locali e proprietari privati, con l’obiettivo di favorire interventi di rigenerazione urbana nelle aree più degradate del Paese. Nondimeno, siffatta iniziativa desta non poche perplessità tra chi vede nelle misure ipotizzate un rafforzamento del dirigismo statale, capace di distorcere il mercato immobiliare e di soffocare l’iniziativa privata". Lo ha affermato a Gazzetta del Sud il presidente di Confedilizia Calabria, Sandro Scoppa.
"In Calabria, dove il patrimonio immobiliare necessita di interventi urgenti, l’idea di incentivi statali - ha precisato Scoppa - rischia di alimentare ulteriormente le disfunzioni del sistema, anziché risolverle. La regione presenta una situazione immobiliare drammatica, con edifici in gran parte obsoleti e in condizioni di degrado. Dati dell'ISTAT indicano che circa il 70% del suo è stato costruito prima del 1990, e di esso, circa il 40% risale a prima degli anni ’70. Questi edifici sono spesso non conformi alle attuali normative in materia di sicurezza sismica e di efficienza energetica. Una ricerca del CRESME stima che nella regione calabrese vi siano oltre 250.000 edifici residenziali che necessitano di interventi strutturali o di riqualificazione energetica, con circa 70.000 in condizioni di degrado avanzato. Questo numero impressionante include fabbricato che presentano problemi strutturali rilevanti, ma anche immobili che richiedono interventi per l’adeguamento agli standard energetici e sismici. In particolare, il rischio sismico costituisce una delle sfide più critiche per la Calabria: la stessa è infatti inserita nelle zone 1 e 2 della classificazione sismica italiana, che corrispondono alle aree a più alto rischio. In un contesto di così grande vulnerabilità, il miglioramento delle strutture diventa una priorità, ma la burocrazia, e i laccioli normativi, impediscono interventi tempestivi ed efficaci".
Secondo Scoppa "un altro dato preoccupante riguarda l’efficienza energetica: secondo l'ENEA, circa l’80% delle strutture calabresi non è adeguato agli standard energetici attuali, con rilevanti costi per i residenti. Tale inefficienza energetica è particolarmente evidente nelle aree rurali e nei piccoli centri urbani, dove gli immobili mancano di adeguati sistemi di isolamento termico e utilizzano impianti di riscaldamento obsoleti. A parte ciò, vi è da considerare che le aree rurali e i piccoli borghi calabresi sono stati colpiti duramente anche dal fenomeno dello spopolamento, che ha lasciato migliaia di edifici vuoti o in stato di abbandono. Secondo Coldiretti, circa 2.500 borghi in tutta Italia, molti dei quali si trovano in Calabria, rischiano di scomparire a causa dell'abbandono. È un fenomeno che non solo impoverisce il tessuto sociale ed economico della regione, ma compromette anche il potenziale culturale e turistico dei borghi storici calabresi, che potrebbero essere una risorsa importante per lo sviluppo locale".
"Le stime economiche per la rigenerazione del patrimonio immobiliare in Calabria - ha sottolineato Scoppa - parlano chiaro: secondo un rapporto della Banca d’Italia, sarebbero necessari oltre 5 miliardi di euro per affrontare in maniera adeguata il degrado del patrimonio edilizio. Nell’indicata cifra sono compresi sia gli interventi di efficientamento energetico sia quelli di adeguamento sismico, oltre alla riqualificazione degli edifici abbandonati e al miglioramento delle infrastrutture urbane. Tuttavia, il vero ostacolo non è solo la mancanza di risorse finanziarie, ma anche, e soprattutto, l’iper-regolamentazione che caratterizza il settore immobiliare italiano. Le procedure burocratiche complesse, le normative frammentate e spesso contraddittorie, e la difficoltà di accedere a benefici o programmi, rallentano o impediscono qualsiasi tipo di intervento. Questo sistema normativo soffoca l'iniziativa privata e scoraggia i proprietari immobiliari dall’intraprendere interventi di riqualificazione, soprattutto nelle aree più depresse della Calabria. Un esempio emblematico riguarda il Superbonus 110%, che avrebbe dovuto incentivare la riqualificazione energetica e sismica degli edifici. In Calabria, però, meno del 10% degli edifici potenzialmente idonei ha potuto beneficiare di detto strumento, a causa della complessità delle procedure di accesso e dei requisiti regolamentari. La maggior parte dei piccoli proprietari si è trovata impossibilitata a usufruire di tali incentivi, lasciando spazio solo a grandi imprese con le risorse necessarie per navigare nella giungla politico - burocratica. Di fronte allo scenario rappresentato, la rigenerazione urbana non può essere affidata a incentivi statali o ad accordi con le amministrazioni locali. È necessario un cambio di paradigma, che restituisca ai proprietari immobiliari la libertà di agire senza l'interferenza dello Stato. Solo un mercato immobiliare deregolamentato, dove le decisioni siano prese dai proprietari in base alle logiche della domanda e dell’offerta, può garantire una riqualificazione rapida ed efficace".
"In conclusione, il modello di rigenerazione urbana basato sugli incentivi pubblici e sul dirigismo statale - ha concluso Scoppa - rischia di fallire. La Calabria, con il suo patrimonio immobiliare in difficoltà, è un esempio lampante di quanto sia urgente una riforma del settore. La vera rigenerazione urbana può avvenire solo attraverso una drastica riduzione delle normative e dei vincoli burocratici, che consentano ai proprietari di decidere autonomamente come intervenire sui propri immobili. Solo in questo modo le città e i borghi calabresi potranno rinascere, liberati dalle catene dello Stato e restituiti alla libertà economica che li renderà nuovamente vitali".
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