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Maria João Pires stasera a Borgia: io e il pubblico assieme facciamo musica...

La pianista si esibirà al Parco Archeologico di Scolacium per Armonie d'Arte

Un'autentica icona del concertismo classico internazionale del nostro tempo, Maria João Pires, si esibirà stasera per Armonie d'Arte Festival, diretto da Chiara Giordano, che continua con la sua prestigiosa programmazione per l'edizione 2021. Lo scenario sarà il luogo d'elezione del Festival, il Parco Archeologico di Scolacium a Borgia, in provincia di Catanzaro che restituisce sempre una fascinazione particolare.

Maria João Pires è una musicista che ha fatto la storia del pianismo degli ultimi 50 anni, raffinatissima, che si concede in sempre più rare esecuzioni ma che ha acconsentito a questa prima ed esclusiva per il Sud italiano proprio ad Armonie d'Arte Festival. La sua carriera inizia prestissimo: a cinque anni tiene il primo recital e a sette anni esegue pubblicamente i Concerti per pianoforte di Mozart a Porto, sotto la direzione del Maestro Ino Savini. Nel 1970 raggiunge la fama internazionale vincendo il Concorso del bicentenario beethoveniano a Bruxelles. Da allora si esibisce come solista e assieme alle maggiori orchestre del mondo.

Un'artista che suscita amori immensi per il suo modo di suonare luminoso e soave, per la profondità umana e musicale, per la tenacia con cui, così minuta, ancora a settantadue anni affronta i palcoscenici con la determinazione e la concentrazione di sempre. «È un grande onore – dichiara Chiara Giordano – accogliere Maria João Pires che emozionerà sicuramente il pubblico di Armonie d'Arte con la comunicativa vitalità della sua arte e con un programma raffinato che spazierà da Schubert a Debussy, passando per Chopin. La sua agogica musicale apollinea, il suo suono limpido, la fluidità dinamica che rende tutto lieve e aereo, lasceranno incantati per la visione di orizzonti impertubabili».

A Maria João Pires abbiamo rivolto alcune domande.
Cosa è cambiato tra il concertismo degli anni passati ed oggi?
È cambiato molto, troppo e troppo velocemente per me. E, difatti, non ho avuto tempo di adattarmi a questo cambiamento. Sono ancora nella fase del non aderire e del non essere d’accordo con il mondo del concertismo attuale. Sto facendo uno sforzo per adattarmi. È diventato tutto troppo commerciale, troppo velocemente. E è tutto così competitivo.

Non capisco come si può unire competizione e arte. Per me è come unire sole e ghiaccio metaforicamente parlando. Non puoi mischiare queste due cose.
Le persone cercano di farmi capire questa nuova visione dicendomi che i giovani devono scoprire la propria strada, guadagnare soldi e hanno bisogno di competizione. Ma questo per me non significa niente.

L’arte per me è pura espressione umana che deve essere indipendente da qualsiasi cosa.
Quando ero studente non ho mai pensato alla carriera. Pulivo le case quando avevo 17-20 anni, metà giornata, in modo da poter studiare e suonare il piano. Ma ero molto più contenta dei miei studenti di oggi, che scrivono ai manager, si iscrivono alle competizioni. Non suonano per le competizioni come dovrebbero, suonano per le competizioni/concorsi. Devono vincere e basta. In questo modo non si allena la propria creatività, la capacità di restare puri in questo modo, non si suona più per la gioia del suono.

Cosa rappresenta per lei andare sul palco ora?
Non sono una “stage person”, non sono una persona che ama il palco. Questo non significa che non amo le persone, anzi. Io non faccio musica per il pubblico. Si tratta, piuttosto, di me e del pubblico e siamo noi insieme che facciamo musica. Perché ascoltare è lo stessa cosa di suonare.

Il momento più alto della sua carriera?
Ogni concerto e ogni momento in cui ho sentito che il pubblico e me stessa condividevamo qualcosa nel senso più profondo. Noi tutti abbiamo un messaggio, ma non so dire quando questo possa accadere. Alcuni concerti hanno di questi momenti e, sono certa, accadrà anche a Scolacium per Armonie d'Arte.

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