Donazioni, riduzioni di stipendi dei parlamentari, richieste di bonus. Sono tutti argomenti di scottante attualità che con il referendum alle porte riaprono una discussione non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche tra la popolazione. Ad avviare una riflessione approfondita sulla questione è il preside del convitto “Filangieri” Alberto Capria, che da osservatore attento e arguto riaccende i riflettori sul ruolo di chi è chiamato a rappresentare il popolo italiano.
"Sia chiaro – esordisce Capria – che la vexata quaestio ha qualche fondamento: i parlamentari italiani sono fra i più pagati d’Europa. E’ giusto, dunque, che la piazza capitanata da qualche 'piazzista' incredibilmente assurto al ruolo di responsabile di partito, chieda il dimezzamento o la restituzione di parte degli stipendi? No: a mio avviso –prosegue il preside - non è giusto, almeno per due motivi.
Il primo è costituto dal ruolo - necessario, strategico e delicato che un parlamentare è chiamato a rivestire: l’esercizio del potere legislativo (equi – ordinato rispetto a quello esecutivo e giudiziario), che se svolto con coscienza, serietà, onestà intellettuale e preparazione - la decisione spetta al popolo sovrano - deve essere ottimamente retribuito". Poi, a parere di Capria, ciascuno deciderà, auspicabilmente senza “socializzazioni”, se devolvere parte dello stipendio o trattenerlo per intero.
"Tenere conto, inoltre, delle retribuzioni degli alti funzionari della pubblica Amministrazione – prosegue il dirigente scolastico - che quando non eccedono si discostano pochissimo da quelle dei parlamentari, sarebbe corretto".
E’ difficile, secondo Capria, comprendere, infatti, come mai non si chieda di abbassare gli stipendi dei numerosissimi direttori generali, delle centinaia di dirigenti disseminati nelle regioni, dei capiredattori e dei dirigenti Rai tutti al di sopra dei 200mila euro; nessuno si indigna e va in piazza per gli stipendi del Presidente della Giunta e del Consiglio Regionale Calabro e dei suoi componenti, fra i più alti d’Italia; le piazze perennemente ricercano la punizione del parlamentare, da sempre responsabile di ogni nefandezza!
"Sarebbe più serio- prosegue il preside - rimarcare la differenza (tocca a noi farlo) fra il politico impegnato a tempo pieno, con capacità di individuare i problemi e tracciare una via per la ricerca della migliore soluzione possibile e chi non possiede queste qualità/capacità: al di là dell’alto o basso stipendio. Un parlamentare ignorante continuerà ad essere tale pur con lo stipendio dimezzato.
"C’è un termine di origine greca - demagogia - che può essere così spiegato: 'Accattivarsi il favore delle masse con discorsi semplici ma privi di sostanza e con promesse che non si possono mantenere'", continua il dirigente scolastico.
Nella società globale, la demagogia è assurta a mantra, a tecnica di comunicazione, ad indecorosa ricerca e consolidamento del consenso; assistiamo - non quotidianamente ma in horas - ad esternazioni insignificanti da parte dei nostri rappresentanti a tutti i livelli sui canali social che, citando Umberto Eco, “ hanno dato fiato ad orde di imbecilli”, solo perché bisogna esternare, esserci, apparire, combattere battaglie più di forma che di sostanza.
"Orbene, se la demagogia e “l’apparire” quotidianamente – conclude Capria - si accompagnano ad una linea politica concreta, ad una idea di società possibile, può essere considerata propedeutica alla politica.
In caso contrario, ed è il caso di specie, se è pura e semplice tecnica spinta fino all’esasperazione, ipocrita e populista, la demagogia e l’apparire diventano la parte più becera della politica, ben più grave del numero dei parlamentari, del bonus e dell’entità degli stipendi; è quella parte della politica che, per ossimoro, viene utilizzata per mascherare proprio l’assenza di cognizione e pensiero politico".
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