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Comune Catanzaro, presentata una mozione contro l'autonomia differenziata

Una mozione contro l’autonomia differenziata, primi firmatari i consiglieri Giulia Procopi e Nunzio Belcaro e sottoscritta dai loro colleghi Vincenzo Capellupo, Daniela Palaia, Antonio Barberio, Gregorio Buccolieri, Igea Caviano e Danilo Sergi è stata presentata al presidente dell’Assemblea cittadina, Gianmichele Bosco.

Con la mozione il Consiglio Comunale chiede al sindaco Nicola Fiorita, attraverso l’approvazione della delibera, di trasmettere ufficialmente al Governo Nazionale e al Governo Regionale, la mozione stessa che afferma la netta contrarietà ad azioni politiche che mirino a costituire l’autonomia differenziata. L’Assise chiede inoltre al primo cittadino di continuare a farsi promotore in tutte le sedi opportune e di intraprendere ogni iniziativa utile a sostegno della posizione politica contraria al d.d.l. Calderoli. Il documento, infine, chiude deliberando il ritiro della bozza del DDL Calderoli, il calcolo ed il finanziamento dei LEP, il superamento della Spesa Storica, la ridefinizione del fondo perequativo per i Comuni.

“La mozione è un atto politicamente doveroso – commentano i consiglieri – perché scongiurare la definitiva frantumazione del Paese è una battaglia che va combattuta a tutti i livelli istituzionali. Ma è anche un’occasione utile a far venire allo scoperto, una volta per tutte, chi ha davvero a cuore le sorti del Mezzogiorno e chi invece no. È l’occasione per i colleghi del centrodestra di dire, in questo caso e senza infingimenti, se stanno dalla parte della Calabria o dalla parte della Lombardia. Noi non intendiamo muovere guerra a nessuno. Vogliamo piuttosto che il Paese cresca nell’unità e nel giusto equilibrio tra le diverse aree che lo compongono. Non vediamo nemici nei nostri connazionali delle altre regioni, vediamo avversari da battere in coloro che non tengono in alcun conto l’unità, l’equilibrio e anche la giustizia”.

Tornando alla mozione, i firmatari scrivono che il Consiglio Comunale “vede con grande preoccupazione la discussione avanzata sulla bozza di una legge di attuazione dell’autonomia differenziata regionale che porta la firma del senatore Calderoli. Riguardo al procedimento di approvazione delle intese regionali, la bozza non fa alcun cenno alla possibilità da parte del Parlamento di entrare nel merito, relegandolo al solo ruolo di ratifica, senza possibilità di emendamenti. Il Parlamento di fatto verrebbe imbavagliato e l’autonomia differenziata resterebbe quindi un affare privato tra regioni e governo. Dal punto di vista finanziario (art.3), resta il criterio della spesa storica, salvo alcune materie, per cui si fa riferimento alla definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), da attuare entro tempi stabiliti. In questo modo le regioni meridionali vedrebbero mantenuto e non corretto il loro divario dalle Regioni del Nord, che, come certifica il rapporto Svimez, continua ad aumentare”.

La mozione presentata al presidente Bosco si dilunga in una rappresentazione assai dettagliata del quadro normativo. “Rilevato che l’applicazione dei fabbisogni standard all’ammontare della Spesa Storica dà origine alla Spesa Standard – vi si legge – confrontare la Spesa Storica con quella Standard, che riflette i fabbisogni, è importante al fine di capire la stortura ingenerata nella redistribuzione di risorse tra enti diversi per caratteristiche territoriali e socio-economiche. Se la Spesa Storica è superiore alla Spesa Standard, per lo Stato significa che la spesa sostenuta da un comune è maggiore di quanto stimato in base alle caratteristiche della popolazione. Se la Spesa Storica è inferiore alla Spesa Standard, ciò può significare o una maggiore efficienza gestionale o una mancanza di risorse necessarie a garantire un livello di servizi adeguato”.

A tal proposito, i sottoscrittori della mozione rilevano che “nella stragrande maggioranza dei comuni, soprattutto al Sud, la Spesa Standard è superiore alla Spesa Storica. Ma questo avviene non per mancanza di capacità amministrative in quanto diversi sono i comuni che resistono, con mille difficoltà, allo spettro del dissesto o del pre-dissesto, bensì per assenza di risorse venute meno nel corso del tempo a causa della sperequazione di risorse avversa agli enti del Sud, per i motivi sopracitati. Quando lo Stato decise, tramite i decreti Stammati, di standardizzare la spesa pubblica, i comuni del Nord partivano avvantaggiati in quanto la spesa dedicata a questi ultimi era stata maggiore, unitamente alle migliori condizioni socio-economiche. Il questionario Sose è evidente come non determini in alcun modo una corretta individuazione delle esigenze dei comuni, arrivando al paradosso ormai noto degli “asili 0”, ovvero un comune che nel questionario evidenzia di non avere asili nido, per mancanza di risorse, riceverà zero Euro di finanziamenti per quel settore, come se non nascessero bambini. Il paradigma di questo impianto è chiaramente improntato sul fatto che laddove vi è un più alto Prodotto Interno Lordo, vi è più ricchezza e quindi maggiore prelievo fiscale locale, dunque vi sarà più spesa pubblica e trasferimenti statali. Un impianto chiaramente discriminatorio verso i territori che registrano storici ritardi strutturali ed economici come il Sud. Un impianto che, con il suo prolungamento sistemico, decreterebbe la fine dell’unità sostanziale della Repubblica”.

“Alla luce di quanto descritto – si legge ancora nella mozione – il Paese ed il Sud versano in una condizione precaria che verrebbe ulteriormente aggravata se la proposta del Ministro Calderoli, il DDL sull’Autonomia Differenziata, diventasse legge. Il disegno di autonomia immaginato dalla Lega è una proposta del tutto iniqua e che lede ulteriormente il patto di solidarietà sancito dalla nostra Costituzione in tema di coesione territoriale, in quanto aumenterebbe le frammentazioni nel tessuto sociale le disuguaglianze tra cittadini e tra territori. Con l’attuazione, infatti, di tale provvedimento le regioni ricche del Nord potranno trattenere fino a nove decimi del proprio gettito fiscale per spenderlo nei propri territori, nel mentre ulteriori competenze in 23 materie importanti, finora esclusive dello Stato, saranno cedute alle Regioni stesse. Una tragedia nella quale le classi politiche e dirigenti verrebbero spinte ad arraffare qualcosa per il proprio elettorato e per gl’interessi di parte, distruggendo definitivamente il patto di unità nazionale. E’ impensabile che materie come l’istruzione, le quali rappresentano le fondamenta dell’unità del Paese, siano di competenza regionale. Oggi, come nel periodo dei pre-accordi firmati dal Governo Gentiloni, l’Autonomia Differenziata regionale viene rivendicata dalle regioni del Nord come se la situazione della Lombardia e del Paese fosse la stessa prima dell’avvento della crisi, senza pensare alle possibili conseguenze. Le richieste di ulteriori funzioni e competenze non risultano, di fatto, motivate da differenze regionali significative o specificità culturali, territoriali e linguistiche ma, com’è noto negli atti e nelle dichiarazioni ufficiali, da una presunta capacità del governo regionale di fare meglio e prima di quello nazionale, alimentando una conflittualità tra le Istituzioni del tutto infondata perché incapace di rispondere ai bisogni reali di tutti i cittadini e perché non affronta il tema dei divari, delle disuguaglianze e delle inique redistribuzioni di risorse tra regioni del Nord e regioni del Sud. L’Agenzia per la coesione territoriale ha recentemente pubblicato un report nel quale viene esplicitato come nel 2023 continuino ad aumentare i divari tra nord e sud del Paese. Secondo l’Agenzia, infatti, la spesa pubblica pro-capite in Italia oscilla tra le 16mila e le 19mila euro tra Veneto, Lombardia e Piemonte, a fronte delle 13mila e 700 della Campania, le 14mila della Sicilia e le 15mila della Calabria. Cifre, queste, destinate a politiche sociali, istruzione, sanità, infrastrutture, amministrazioni, gestione dell’acqua, beni culturali e ambiente. Servizi essenziali che rendono ben chiara la drammaticità dello scenario attuale, rispetto al quale il DDL Calderoli rappresenterebbe il colpo di grazia”.

I consiglieri sottoscrittori chiudono la mozione riaffermando alcuni principi che definiscono fondamentali. Gli articoli 116 e 117 della Costituzione, scrivono, devono essere interpretati sulla base dell'art.5 della stessa che, nel riaffermare l'unità indivisibile della Repubblica, pone le basi per un Regionalismo solidale e non competitivo. Inoltre, l’uso delle risorse del PNRR deve essere costantemente monitorato affinché siano prioritariamente indirizzate a risolvere il divario di infrastrutture sociali ed economiche tra Nord-Centro e Sud del paese. E ancora, i livelli di prestazione dei servizi devono essere uniformi e universali e non semplicemente essenziali per tutto il territorio della Repubblica e devono essere adeguatamente finanziati. Il Parlamento, in quanto titolare del potere legislativo, deve essere pienamente investito della discussione sulle materie delegabili alle Regioni annullando l'iter pattizio Stato–Regioni. Si deve stabilire una clausola di supremazia della legge statale per la tutela dell'interesse nazionale.

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