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L’incognita del Piano di riequilibrio a Vibo, la Corte dei conti indica la strada

Oggi in Consiglio comunale attese le novità da parte del sindaco sull’incontro a Roma

Il Municipio di Vibo Valentia

La città attende, con il fiato sospeso, di conoscere l’esito delle “trattative” condotte a Roma dal sindaco Maria Limardo e dal segretario generale in merito alle “nuove vie” da percorrere per arrivare al risanamento finanziario, dopo che le Sezioni riunite della Corte dei Conti hanno dichiarato illegittima l’adozione di un  Domenico Scuglia,nuovo Piano di riequilibrio, in costanza di dissesto, decisa dall’allora commissario straordinario Giuseppe Guetta e perseguita, con voto dell’assemblea cittadina, dal Consiglio comunale. Strada non chiara nemmeno a chi governa questo delicato settore, ovvero, al ministero dell’Interno che aveva a chiare lettere suggerito al Comune di proseguire sulla strada della procedura pluriennale, dopo la quantificazione del nuovo debito in 53 milioni di euro circa, comprendendo (erroneamente) pure i residui attivi lasciati dall’Organo straordinario di liquidazione che ha concluso i lavori riferiti al primo dissesto finanziario, nel dicembre 2021.

Ebbene, a tal proposito, è intervenuta – come ribadito da autorevoli organi di stampa – proprio la Corte dei Conti a Sezioni riunite (n.4 /2023) invocando la necessità di riscrivere per intero l’intero Titolo VIII del Tuel, se si vuole evitare la paralisi di alcuni capoluoghi di provincia, a cominciare da Vibo che viene citato come esempio. Il principio sul quale si fa leva è il seguente ed ormai abbastanza chiaro, pur se sulla pelle dei contribuenti: a un dissesto non può seguire una nuova procedura straordinaria. Infatti, se c’è “gradualità” tra predissesto e dissesto, non essendo chiuso un default non si può procedere con il Piano di riequilibrio perché quello sarebbe lo strumento per evitarlo, dunque, da adottare prima e non dopo il dissesto. In questi casi, la Corte dei Conti spiega che esiste un’altra strada. Ovvero, quella del prolungamento per due anni del vecchio dissesto, la cui durata dipende dall’approvazione del rendiconto dell’Osl. Dunque, non necessariamente cinque anni come previsto dal Testo unico per gli Enti locali.

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