C’è un intero paragrafo dedicato al Comune capoluogo, nell’articolata relazione annuale della Corte dei Conti – Sezione autonomie – relativa alla “Gestione finanziaria degli Enti locali”. Un Comune che, dopo aver attraversato «tutti i passaggi della crisi strutturale» sta cercando «la via del risanamento». L’articolata disamina finisce per passare sotto la lente tutta la vicenda del primo dissesto, la sua conclusione infelice, il tentativo di ripristinare una normalità contabile che va sistematicamente a vuoto da dieci anni. In particolare, il documento prende in esame pure la procedura di riequilibrio attivata prima della chiusura del dissesto – avvenuta nell’agosto 2021 – ma «nel tentativo di sostenere il bilancio riequilibrato – si legge – l’Ente ha ricevuto dal dissesto una forte passività da smaltire».
Vale a dire, i famosi 18.7 milioni che sostanzialmente avrebbero trasferito passività del primo dissesto sulla nuova procedura di riequilibrio. Ebbene, il piano che la Corte ha bocciato si è trascinato per tanti anni, complici «interventi normativi che hanno concesso dilazione dei termini e possibilità di rimodulazioni e riformulazioni dei Piani in istruttoria». Il tutto fino alla sentenza del marzo scorso che ha dichiarato quel piano «inammissibile». Nel frattempo, l’Amministrazione «ha attivato – spiegano – le misure del Piano, attualizzandone il contenuto, sottoscrivendo il Patto con il Governo alla fine del 2022 che assegna all’Ente risorse straordinarie a fronte di uno sforzo fiscale e organizzativo». Quindi, ha attivato la procedura per un nuovo Piano, successivo alla chiusura del dissesto, «che tenga conto delle misure di risanamento che mai si è interrotto e che hanno prodotto un miglioramento sostanziale dei conti del Comune». Ebbene, «nel caso di Vibo – scrive la Corte dei Conti – l’approccio formale al percorso di risanamento vede emergere tutte le sue inadeguatezze».
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