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Festa liturgica del beato don Mottola. Lettera di don Francesco Sicari fratello maggiore degli Oblati

La vita di don Mottola è stata un’avventura meravigliosa che non lascia indifferenti, ma scuote le coscienze spesso annacquate e liquide del tempo post-moderno

In vista della festa liturgica del beato don Francesco Mottola che si svolgerà giovedì 30 giugno, alle 19, nella chiesa Concattedrale di Tropea don Francesco Sicari, fratello maggiore dei sacerdoti Oblati ha scritto una lettera nella quale sottolinea il messaggio di luce e di speranza dell’amatissimo sacerdote di Tropea. “Dopo la grande gioia della beatificazione – esordisce don Sicari -  anche questo  sarà sicuramente un momento di grande grazia non solo per noi oblati, ma anche per i cittadini della città di Tropea, la “Sua città” che lo ha generato alla vita e alla fede e che è stato il campo d’azione del suo Sacerdozio, speso senza sosta tra l’altare e la strada, tra la contemplazione orante del volto e del Cuore di Dio e il farsi prossimo, asciugando le lacrime dal volto sofferente degli ultimi del suo tempo. A condividere questo momento di grazia - continua il sacerdote - ci saranno inoltre i fedeli laici delle parrocchie della nostra diocesi, accompagnati dai tanti sacerdoti che guardano a Don Mottola come modello di santità sacerdotale e dal vescovo Attilio che, con l’intercessione del nostro Beato ha iniziato il suo ministero episcopale in questa chiesa locale lo scorso mese di ottobre, appena una settimana prima della beatificazione. Ci saranno anche tanti fratelli e sorelle provenienti da altre città e paesi della Calabria”

Nell’occasione don Francesco sottolinea, inoltre, che la memoria del Beato don Mottola e  il ricordo rinnovato del suo percorso di vita ”ci possono scuotere da quel torpore spirituale che si chiama accidia e che è un grande nemico della vita spirituale e della vita cristiana, perché come dice Papa Francesco “così facendo si rischia di precipitare, scivolare nella tristezza, che toglie il gusto di vivere e la voglia di fare. L’accidia è uno spirito negativo, cattivo che inchioda l’anima nel torpore, rubandole la gioia”. Il Beato fu un uomo di grande fede, speranza e carità, fu il “mistico dell’azione” ed ebbe nelle sue intuizioni la tenacia dei santi e dei grandi “sognatori” di Dio. La sua vita è stata un’avventura meravigliosa che non lascia indifferenti, ma scuote le coscienze spesso annacquate e liquide del tempo post-moderno. Egli ci ripete ancora una volta che è necessario essere sognatori di Dio e con Dio e quindi rivoluzionari dell’amore, rivoluzionari che amano gli sconvolgimenti di Cristo e dei Santi”. Da qui la considerazione del fratello maggiore  dei sacerdoti oblati di quanto sia importante oggi che in  questa società, basata sulla comunicazione virtuale e spesso dipendente come non mai dai social e dai like, non si deve  avere timore di proporre e affermare che i santi sono forse i veri influencer della Chiesa. Certo, non promuovono – afferma don Sicari -  un brand o un prodotto, ma promuovono Cristo e il suo Vangelo. Eppure indossando l'abito della fede, della speranza e della carità, stanno attenti a curare l'estetica dell'anima fino a distinguersi in mezzo agli altri e a diventare così attraenti da “influenzare” chi ha sete di Dio e vuole farne esperienza concreta”.

Nella lettera don Francesco evidenzia, altresì, con forza  che ai nostri ragazzi e giovani il Beato don Mottola, pur essendo vissuto in un contesto storico lontano dal tempo presente, si offre “come amico e compagno di strada, come un santo influencer che parla al loro cuore per accompagnarli nel percorso della vita, che è la scoperta della perla preziosa”. A don Sicari  piace ,infine, pensare  “al nostro Beato come ad un uomo che non fu mai vittima della tentazione di estraniarsi dal mondo e di chiudersi nella cella del suo mondo: i suoi non erano sogni astratti e di chi vive estraniato dalla realtà, ma esprimevano il grande desiderio di dare un senso a ciò che viveva. Il dono di Cristo agli altri era per lui una inquietudine grande e intensa. Sentiva forte un tormento: quello di testimoniare Cristo allo scoperto”.

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