Hanno gridato “No alle mafie”. Lo hanno fatto coralmente a conclusione dell’incontro con “L’invisibile mondo di Carlotta” della giurista Rita Tulelli. I protagonisti di questa esperienza sono gli alunni e le alunne della scuola secondaria dell’Istituto comprensivo di Taverna. Nell’ambito del Progetto Gutenberg Calabria, giunto quest’anno alla XX edizione, questi giovani lettori e queste giovani lettrici hanno avuto la possibilità, «attraverso gli occhi di Carlotta, di conoscere e scoprire la figura del collaboratore di giustizia, il cosiddetto pentito che, dopo aver fatto attivamente parte del sistema mafioso, decide di iniziare a collaborare con lo Stato».
I lavori sono stati introdotti dalla dirigente scolastica, Maria Rosaria Sganga. La dirigente, in tal misura, ha messo a fuoco «la funzione educativa di tale incontro e il valore fondamentale della legalità pilastro della società».
L’incontro con l’autrice Rita Tutelli è stato particolarmente interessante. Gli alunni, non a caso, hanno sollevato diversi interrogativi e curiosità in materia: sul programma di protezione, sull’organo nazionale che se ne occupa, sulla differenza fra il collaboratore e il testimone di giustizia, sull’importanza delle Istituzioni e il suo ruolo nel sociale.
L’evento si è arricchito di lavori realizzati dai discenti della scuola di Taverna e da incontri-testimonianza: ospiti d’eccezione, il collaboratore di giustizia Michelangelo Mazza, don Salvatore Saggiomo e il giornalista Nello Trocchia.
Partiamo dalla videoconferenza con Michelangelo Mazza. «In passato membro dei uno dei più potenti clan napoletani, oggi Michelangelo Mazza è un collaboratore di giustizia. Sta scontando per una serie di reati gravi la pena agli arresti domiciliari e la sua condanna terminerà solo nel 2044». Attraverso la viva testimonianza di questo collaboratore di giustizia, gli allievi hanno appreso una “storia sconvolgente”: «Dai motivi che sin da ragazzo lo hanno spinto a entrare nella camorra, a quelli che poi lo hanno spinto a uscirne, fino alla decisione di denunciare, ai sensi di colpa per i crimini commessi, con cui dovrà convivere per il resto della sua vita, ma anche la consapevolezza di aver fatto la scelta giusta». Davvero accorato l’appello da lui lanciato: «Mai avvicinarsi alle Mafie!».
Pregnante, di seguito, anche l’intervento di don Salvatore Saggiomo. Si tratta del cappellano del carcere di Secondigliano e di un attivo promotore di progetti di Legalità nelle scuole campane. Don Salvatore ha condiviso la sua esperienza con i detenuti e la vita nel carcere, mettendo l’accento su alcune parole chiave: sofferenza, mancanza di libertà, lontananza dalle persone care, camorra-morte. Il suo monito? «Scegliere di vivere la vita nel bene e nella libertà, senza mai diventare schiavi dei criminali».
E poi è giunto il videomessaggio del giornalista Nello Trocchia. Esperto di giornalismo d’inchiesta sul fenomeno mafioso, autore di inchieste e copertine per “il Fatto Quotidiano” e “l’Espresso”, inviato della trasmissione televisiva Piazzapulita, ha salutato la platea del comprensivo di Taverna. La sua attenzione è ricaduta soprattutto sulla parola “infame”. «Infame non è colui che va a raccontare le malefatte, i crimini, chi collabora, chi contribuisce alla ricostruzione della giustizia, chi diffonde la verità, ma colui che ammazza, che lascia a terra persone innocenti, spaccia droghe, chi seppellisce rifiuti tossisci».
Esiste, allora, un’arma vincente contro la mafia, versus le mafie? All’unanimità questi relatori hanno rammentato il valore edificante della scuola. «Perché la conoscenza è l’arma più potente che ci permette di fare scelte responsabili e consapevoli, senza mai farci abbindolare». Perché la scuola può rendere visibile, ciò che tanto visibile non è. La scuola coltiva la legalità.
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